Privacy 2030, questa lotta ci riguarda!

Privacy 2030, questa lotta ci riguarda!
Il grande dibattito sollevato in pieno lock-down sull’APP immuni, si è sviluppato principalmente sulla privacy. Un tema non certo nuovo, che già nel maggio del 2018 si presentò prepotentemente alla ribalta della cronaca, grazie all’entrata in vigore del nuovo regolamento generale europeo sulla protezione dei dati (RGPD). Il regolamento in questione ha introdotto una serie di nuovi vincoli ed opportunità per la creazione di un “sano” mercato dei dati Europeo. E, nonostante l’insoddisfazione delle Big tech, ha dimostrato di funzionare anche in una fase estremamente critica come quella attuale caratterizzata dall’emergenza sanitaria. In Europa, seppure con grandi difficoltà, si è riuscito finora a gestire la pandemia senza intaccare i principi relativi alla privacy. Questo, è bene ricordarlo, in un momento in cui altre libertà personali sono state limitate.
Non solo, ma proprio nel momento in cui le “nuove tecnologie” sono diventate più diffuse e comuni, il RGPD ha fatto, con tutti i limiti, da argine, per ora, ad una poissibile deriva orwelliana. Il caso Cambridge analytica, e non solo, dimostra che non si tratta di fantasiose ipotesi da romanzo cyber punk. Certo non siamo dentro Matrix, ma non siamo neanche tanto lontani dal panottico.
Dunque, in un momento di grandi paure per la tenuta sociale e sanitaria, il tema della privacy è risultato centrale, e alla fine il modello europeo di gestione dei dati digitale ha retto. Bisognerà vedere nella nuova normalità, dove sicuramente le nostre tracce digitali aumenteranno, come evolverà il tema dei dati digitali e soprattutto, come riusciremo a rendere più democratico e sostenibile l’uso dei big data.
Privacy, democrazia e sostenibilità sembrano parole slegate tra loro, ma ad aiutarci a capire quanto siano interconnesse, ci ha pensato Giovanni Buttarelli, Garante europeo della protezione dei dati, prematuramente scomparso poco più di un anno fa.
Infatti, oggi il Garante italiano per la protezione dati ha pubblicato: "Privacy 2030: Una nuova visione per l’Europa”, che contiene “Un decalogo per la privacy sostenibile”, “un nuovo manifesto per la privacy” e soprattutto può essere considerato il testamento spirituale di Giovanni Buttarelli, uno dei più profondi conoscitori della materia. Un testo in cui è evidente “il richiamo a trasformare un diritto della persona in un diritto delle persone, in grado di fare la differenza nelle sfide sociali, culturali, politiche e ambientali che ci attendono o che si vanno configurando”.
Nel testo arricchito di contributi, tra gli altri, del nuovo garante italiano per la privacy Pasquale Stanzione e del suo predecessore, Antonello Soru, ma anche di personalità di fama internazionale, come Shoshana Zubof, autrice del best seller “Capitalismo della sorveglianza” si evince la necessità di riequilibrare le disuguaglianze generate dalla nuova economia digitale.
Queste parole di Giovanni Buttarelli, danno la misura della sua sensibilità e lungimiranza: “A un’estremità della catena alimentare si trova oggi un proletariato digitale che non dispone praticamente di tutele e non è in grado di controllare la propria identità digitale. Cinque delle dieci persone più ricche al mondo sono o sono stati amministratori delegati di imprese tecnologiche. Un bambino che lavora in una delle miniere di cobalto del Congo (il cobalto è un componente essenziale delle batterie a ioni di litio utilizzate nei dispositivi portatili) dovrebbe lavorare ininterrottamente per più di 700.000 anni se volesse arrivare a guadagnare la cifra che percepisce in un giorno il più ricco di quegli amministratori delegati”.
Un testo, dunque, quanto mai attuale, che contiene riflessioni generali e proposte concrete, che dovrebbe essere letto e metabolizzato quanto prima dalla nostra classe dirigente, non solo italiana, ma anche europea.
NINGIA
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