Le Sardine: “Noi e la libertà di non fare un partito”
Liberi di non fare un partito che sarebbe un oltraggio a ciò che potrebbe essere. I quattro ragazzi fondatori del movimento delle Sardine, Mattia Santori, Giulia Trappoloni, Roberto Morotti e Andrea Garreffa, scrivono una lettera a Repubblica per ripercorrere le tappe della sua nascita.
“Il processo che abbiamo contribuito a creare sarà lungo ma intanto è iniziato – scrivono -. E per quanto possiamo essere qualcuno all’interno delle piazze, dei nostri collettivi e dei nostri circoli, non siamo nessuno all’interno di questo processo. Le sardine non esistono, non sono mai esistite. Sono state solo un pretesto. Potevano essere storioni, salmoni o stambecchi. La verità è che la pentola era pronta per scoppiare. Poteva farlo e lasciare tutti scottati. Per fortuna le sardine le hanno permesso semplicemente di fischiare. Non è stato grazie a noi, né tantomeno a chi ha organizzato le piazze dopo di noi. È stato grazie a un bisogno condiviso di tornare a sentirsi liberi. Liberi di esprimere pacificamente un pensiero e di farlo con il corpo, contro ogni tentativo di manipolazione imposto dai tunnel solipsistici dei social media. La condivisione dello stesso male ci ha resi alleati coesi, ha unito il fronte.
Le proteste sono frequenti come stelle cadenti, le rivolte sono rare come le eclissi”.
“L’Italia è nel mezzo di una rivolta popolare pacifica che non ha precedenti negli ultimi decenni – prosegue la lettera -. Chi cercherà di osteggiarla sentirà solo più acuto il fischio, chi tenterà di cavalcarla rimarrà deluso. La forma stessa di un partito sarebbe un oltraggio a ciò che è stato e che potrebbe essere. E non perché i partiti siano sbagliati, ma perché veniamo da una pentola e non è lì che vogliamo tornare. Chiedere che cornice dare a una rivolta è come mettere confini al mare. Puoi farlo, ma risulterai ridicolo. Noi ci chiediamo ogni giorno come fare, e ci sentiamo ridicoli, inadatti e impreparati… ma finalmente liberi”.
“L’unica certezza che abbiamo – conclude la lettera – è che siamo stati sdraiati per troppo tempo. E che ora abbiamo bisogno di nuotare”.
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