Visco: “Senza Europa saremmo stati più poveri”. Le Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia

In una giornata decisamente convulsa, le pur importanti Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia Visco, sono decisamente passate in secondo piano rispetto a quello che stava accadendo fuori e dentro Palazzo Chigi. Tanti i passaggi che hanno dato titoli per la stampa, tra questi quello dedicato all’Europa, proprio nel giorno della lettera di risposta di Tria ai Commissari economici Ue: “Saremmo stati più poveri senza l’Europa, lo diventeremmo se dovessimo farne un avversario. L’appartenenza all’Unione europea è fondamentale per tornare su un sentiero di sviluppo stabile: è il modo che abbiamo per rispondere alle sfide globali poste dall’integrazione dei mercati, dalla tecnologia, dai cambiamenti geopolitici, dai flussi migratori”, prosegue. Al completamento dell’Unione europea “dobbiamo partecipare con responsabilità, in modo costruttivo e senza pregiudizi, per contribuire a rafforzarne le istituzioni, per il benessere di tutti. Devono essere chiare le responsabilità da condividere, gli obiettivi da perseguire, gli strumenti da utilizzare, nella consapevolezza che, anche per chi risparmia, investe e produce, ‘le parole sono azioni’ e che ‘nell’oscurità le parole pesano il doppio’”, osserva il,Governatore prendendo spunto da Wittgenstein e poi Elias Canetti. Sul capitolo Europa Visco conclude: “La lungimiranza dimostrata da chi ha eretto le fondamenta del progetto europeo deve tornare a guidare le azioni di oggi. È indispensabile per garantire un futuro di pace e di prosperità alle prossime generazioni”.
Poi le questioni legate all’economia nazionale, soprattutto al nodo del debito pubblico: “L’elevato rapporto tra debito pubblico e pil rimane un vincolo stringente, per allentarlo non si può ritardare nel definire una strategia rigorosa e credibile per la sua riduzione nel medio termine”. La voce dell’Italia “sarà tanto più autorevole quanto più saprà procedere alla rimozione degli ostacoli strutturali al ritorno su un sentiero stabile di crescita e all’avvio di un percorso credibile di riduzione del peso del debito pubblico. Una composizione del bilancio pubblico più orientata verso misure a sostegno del lavoro e dell’attività produttiva, una strategia rigorosa e credibile per la riduzione dell’incidenza del debito pubblico, un disegno di riforme strutturali di ampio respiro, volto a rimuovere gli ostacoli di natura burocratica e amministrativa alla concorrenza, agli investimenti in capitale fisico e in capitale umano possono contribuire a un ritorno a tassi di crescita più elevati e ristabilire la fiducia nel mercato dei titoli pubblici. Aumenti della spesa pubblica o riduzioni di entrate vanno però inseriti in un quadro che ne garantisca la sostenibilità finanziaria e ne precisi intenti, priorità e fonti di finanziamento”, dice Visco. Inoltre, prosegue, “la disattivazione delle clausole relative all’Iva” va subordinata “all’individuazione di misure compensative. Per tutte le opzioni percorribili vanno valutati in maniera accurata e trasparente i potenziali effetti sulla domanda, l’attività economica e la distribuzione dei redditi. In prospettiva il Paese ha bisogno di un’ampia riforma fiscale. Dai primi anni Settanta del secolo scorso sono state introdotte nuove forme di tassazione ed è stato progressivamente definito un complesso insieme di agevolazioni e di esenzioni, nell’assenza di un disegno organico e con indirizzi non sempre coerenti”, ricorda. “Rivedendo solo alcune agevolazioni o modificando la struttura di una singola imposta si proseguirebbe in questo processo di stratificazione”.
“Bisogna invece interromperlo per disegnare una struttura stabile che dia certezze a chi produce e consuma, investe e risparmia, con un intervento volto a premiare il lavoro e favorire l’attività di impresa, tenendo conto delle interazioni tra tutti gli elementi del sistema fiscale: tra il livello della tassazione indiretta e quello degli aiuti per i redditi più bassi; tra le aliquote delle imposte dirette e le detrazioni e deduzioni che le accompagnano; tra il sostegno dei redditi e gli incentivi al lavoro; tra le varie eccezioni al regime generale di tassazione previsto per ciascuna base imponibile; tra tutte queste componenti e il contrasto all’evasione, da attuare sfruttando appieno le tecnologie disponibili. Va favorito in tutti i modi l’aumento dei tassi di partecipazione al mercato del lavoro, prolungando l’attività in linea con l’aumento dell’aspettativa di vita ed eliminando gli ostacoli al lavoro femminile; va recuperato pienamente allo sviluppo del Paese il Mezzogiorno, dove risiede un terzo della popolazione. L’andamento dell’economia e il ‘rischio paese’ si riflettono, a loro volta, sulle condizioni delle banche. La possibilità che rischi macroeconomici tornino a investire un settore finanziario ancora in ritardo nell’adeguare la propria struttura- continua- è un elemento di vulnerabilità di cui bisogna essere consapevoli.
Sostenere la crescita e allentare le tensioni sui mercati finanziari resta cruciale anche per garantire la piena funzionalità” del sistema finanziario. Ma il Governatore ha voluto dire la sua anche sulla questione delle migrazioni e ne ha parlato in questo modo: “L’immigrazione può dare un contributo alla capacità produttiva del Paese, ma vanno affrontate le difficoltà che incontriamo nell’attirare lavoratori a elevata qualificazione così come nell’integrazione e nella formazione di chi proviene da altri paesi. Se alziamo lo sguardo oltre l’orizzonte della congiuntura non possiamo ignorare il rischio, implicito nelle tendenze demografiche- spiega- di unnetto indebolimento della capacità produttiva del Paese e la prospettiva di una forte pressione sulle finanze pubbliche. Da qui al 2030, senza il contributo dell’immigrazione, la popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni diminuirebbe di 3 milioni e mezzo, calerebbe di ulteriori 7 nei successivi quindici anni. Oggi, per ogni 100 persone in questa classe di età ce ne sono 38 con almeno 65 anni; tra venticinque anni ce ne sarebbero 76. Queste prospettive sono rese più preoccupanti dall’incapacità del Paese di attirare forze di lavoro qualificate dall’estero e dal rischio concreto di continuare anzi a perdere le nostre risorse più qualificate e dinamiche”.
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