Sabella avverte: "Sull’inchiesta Mafia Capitale, non sminuire il lavoro della Procura"

“La prima sentenza che ha riconosciuto il carattere mafioso di Cosa nostra è intervenuta un secolo e mezzo dopo, ma questo non significa che in Sicilia non sapessimo che quella è mafia…”: sono le parole durissime e realistiche di Alfonso Sabelli, magistrato, assessore per la legalità all’epoca di Ignazio Marino, con le quali ha voluto commentare la sentenza della Cassazione che ha escluso il carattere mafioso per l’organizzazione di Buzzi e Carminati a Roma.
“Che esiste la mafia a Roma la Cassazione lo ha certificato con altre sentenze”, spiega il magistrato alla Stampa. “Oggi, da cittadino romano non posso che prendere atto che la mia città è stata ostaggio di un branco dicriminali per undeterminato periodo di tempo. Hanno condizionato alcuni settori della vita amministrativa ai loro interessi, alcuni burocrati si sono lasciati corrompere, i cittadini sono stati privati di servizi, del denaro pubblico è finito nelle casse private. Non mi pare una bella giornata per Roma. Se Buzzi e Carminati devono pagare perché erano criminali mafiosi o perché erano criminali semplici è un problema loro e dei loro avvocati, ma ai cittadini romani non cambia nulla”.
Per Sabelli, “non si può sminuire lo straordinario lavoro fatto dalla procura. Hanno valutato che il gruppo di Buzzi unito a quello di Carminati, che aveva una certa forza militare e commetteva reati con intimidazioni pesanti e violenze, avesse il carattere di un’organizzazione mafiosa. Ora la Cassazione ha ritenuto che quel tipo di associazione sia da considerare criminalità semplice e non di tipo mafioso. Alcuni Stati hanno messo in Costituzione che il reato di corruzione è imprescrittibile. Non capisco perché in Italia deve essere derubricato a un illecito bagattellare”. A Roma, Sabelli racconta di avere trovato “una classe burocratica e amministrativa non in grado di gestire gli interessi di mafia capitale. Le logiche che ispiravano l’azione della burocrazia romana erano il fancazzismo e la preoccupazione di proteggere sé stessi. A Roma si usa l’emergenza: non si fanno le gare per tempo per poi usare la procedura semplificata”.
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