Processi nella Procura di Roma, la prescrizione è quasi la regola

“A Roma i procedimenti definiti per prescrizione, nell’ultimo anno, sono stati in totale 7.743, pari al 48% del complesso delle definizioni. L’elevato numero delle prescrizioni è stato determinato dal notevole ritardo nell’arrivo del fascicolo in Corte dopo la proposizione dell’atto di appello, cui si è aggiunto il tempo necessario per l’instaurazione del rapporto processuale, spesso condizionato da vizi di notifica”. Così scrive il presidente della corte d’appello di Roma, Luciano Panzani, in un passo della sua relazione all’apertura dell’anno giudiziario.
“Nel Lazio nel 2019 prescritti erano 19.500 su un totale di 125.000, 48% in appello – continua l’alto magistrato – Nel distretto del Lazio nel 2019 “i prescritti erano 19.500 su un totale di 125.000, pari al 15%. Di questi 48% in appello (7.500) e 10% al GIP-GUP (7.300), 12% al dibattimento monocratico (4.300), 118 al collegiale ( 5%). La prescrizione colpisce maggiormente nei processi per cui c’è condanna in primo grado e quindi quasi uno su due a Roma”.
Panzani poi riflette: “Questo però è il risultato del collo di bottiglia a cui si è ridotto l’appello. Il Ministero ha finalmente previsto l’aumento delle piante organiche delle Corti di appello: + 9 consiglieri a Roma e a Napoli. Per Roma significa 2.000 sentenze penali in più all’anno. Un progresso, non la soluzione del problema, anche se Roma in pochi anni è passata dalle 10.000 sentenze penali all’anno del 2014-2015 alle 16.000 del 2019, con un aumento, al netto delle sentenze di prescrizione, di 3.000 sentenze penali all’anno”.
“Per reati minori sì ad amnistia mirata”
“La battaglia per risolvere il problema della prescrizione” può essere vinta. “Se i processi prescritti sono il 10% dei definiti sul totale ed incidono soprattutto in appello, si tratta di potenziare adeguatamente le corti di appello e di porre rimedio all’arretrato che si è accumulato, per i reati minori, con un’amnistia mirata”. Lo afferma il presidente della Corte d’Appello di Roma, Luciano Panzani, che nella relazione all’apertura dell’anno giudiziario sottolinea come “sospendere la prescrizione non serve a nulla”.
Perché questo “significa soltanto accumulare i processi – sottolinea – senza che ci siano le risorse per farli. L’impegno del Ministero per assumere personale (gli uffici hanno scoperti di personale amministrativo del 20-30%) non possono essere sufficienti e tempestivi. I vuoti di organico dei magistrati richiedono al ritmo attuale cinque anni di concorsi per essere colmati. Sospendere i processi senza farli significa ledere in modo irreparabile diritti fondamentali ad un processo equo e tempestivo, evitando che la pena venga irrogata e scontata dopo che è passato troppo tempo dal fatto e quando ormai ha perso gran parte del suo significato”.
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