Morrone (San Gallicano): “Covid ha squarciato velo di ipocrisia. Ora servono investimenti su contratti di lavoro, apparecchiature e innovazione”

Ricerca, competenza e innovazione sono le basi per una medicina sempre piu’ moderna che metta davvero al centro il paziente. La pandemia ha messo alla prova il territorio e gli ospedali portando alla luce le crepe del nostro sistema socio-sanitario che, seppur a macchia di leopardo, ha retto anche grazie alla telemedicina che va potenziata nel futuro. A dare il suo punto di vista all’agenzia Dire su quello che si dovrebbe fare a partire da maggiori investimenti in sanita’ e di molti progetti attivi in tutte le parti del mondo e’ Aldo Morrone, direttore scientifico San Gallicano di Roma.
- Una delle eredita’ del Coronavirus e’ sicuramente l’utilizzo delle telemedicina. Qual e’ il bilancio di questa esperienza al San Gallicano? Pensa che nel futuro questo tipo di assistenza verra’ mantenuta e potenziata nel vostro Istituto?
"La telemedicina e’ una esperienza che il nostro Istituto ha gia’ sperimentato dando vita ad una vera e propria rete degli ospedali italiani nel mondo. In particolare, abbiamo avviato delle collaborazioni nel continente africano, nel Medio Oriente e in America latina. La telemedicina e’ uno strumento per supportare le persone che hanno bisogno di una visita dermatologica, venereologica e oncologica attraverso internet. Lo abbiamo sperimentato anche nel periodo del lockdown per dare la possibilita’ alle persone di sottoporsi a visite mediche restando a casa e condividendo allo stesso tempo con noi la loro storia, i referti medici e i loro dubbi. L’applicazione e’ stata dunque piena, corretta e in linea con le direttive sulla tutela della privacy. Credo che passata l’emergenza, la telemedicina debba essere normata sul piano della rimborsabilita’ perche’ queste prestazioni avvengono durante l’orario di servizio. Inoltre questa modalita’ e’ ottima soprattutto in chiave visite di controllo piuttosto che come prima visita".
- ’Disuguaglianze sociali e Covid-19’ e’ il titolo dello studio osservazionale da voi promosso sulla popolazione rom. Ce ne parla?
"Il Covid ha squarciato innanzitutto il velo dell’ipocrisia della nostra societa’, sia europea che mondiale, facendo emergere una serie di disuguaglianze incredibili. Non e’ vero che davanti alla
malattia siamo tutti uguali: ci sono persone che soffrono molto di piu’ e che hanno rischiato di morire a causa di queste disparita’ sia economiche che sociali. Per questo motivo abbiamo proposto al Comitato etico dello Spallanzani uno studio osservazionale per monitorare le persone piu’ fragili, come quelle senza fissa dimora, gli immigrati irregolari e la popolazione rom, affinche’ fosse condotto uno studio di sieroprevalenza per il Covid al fine di testare gli anticorpi e valutare l’eventuale presenza del virus nella saliva e realizzare il tampone, se positivi. Ci prendiamo cura di queste persone a 360° per cui e’ previsto anche un supporto psicologico, del mediatore culturale, dell’internista e dell’infettivologo per rimettere queste persone al centro del Ssn che era nato proprio
per ridurre le disuguaglianze e offrire a tutti le stesse cure e pari dignita’".
- I vostri progetti sanitari sono molteplici, penso a quello in
Africa o in Medio Oriente. Quali sono gli obiettivi?
"Abbiamo avviato molti progetti di collaborazione clinico-scientifica nelle aree di guerra in tutto il mondo e mi riferisco in particolar modo alla Siria, al Libano alla Giordania e al Medio Oriente tra i tantissimi altri. In concreto noi coinvolgiamo le universita’ locali, le scuole per infermieri e tecnici per istruire il personale al fine di avere una visione reale delle malattie in quelle aree del mondo e non di limitarci a numeri inviati all’Oms che sappiamo rappresentare solo la punta dell’iceberg delle patologie presenti in queste aree del mondo.
Vogliamo mettere in condizione questi Paesi di offrire il meglio delle loro professionalita’ e della scienza all’interno del loro territorio, delle universita’, delle scuole, e degli ospedali
senza essere costretti a fuggire in Europa o negli Stati Uniti alla ricerca di un lavoro diverso. Il Covid ha ancora dimostrato che la salute e’ per tutti e che non puo’ essere garantita solo
per alcuni. Il virus e’ stata una opportunita’ per capire che la sanita’ e’ un investimento".
- Lei ha parlato di ricerca, che sottintende la formazione e maggiori investimenti nella sanita’. Se potesse parlare direttamente con i nostri decisori politici che cosa chiederebbe in piu’ per la sanita’ del futuro?
"Direi che occorre un progetto sistematico, strutturale, che investa sulle professionalita’, contratti di lavoro stabili. Noi abbiamo troppi ricercatori precari che non possono dare il meglio della loro conoscenza e della loro capacita’ scientifica perche’ i loro contratti sono umilianti. Ci vuole anche un intervento strutturale perche’ abbiamo bisogno di spazi, di tecnologie e di apparecchiature moderne che ci permettano, ad esempio nel caso del Covid-19, uno studio della presenza di Rna del virus nella saliva. Abbiamo poi bisogno di un piano nazionale legato alla ricerca scientifica a livello internazionale che contribuisca agli scambi tra professionisti. Serve, insomma, che lo Stato creda davvero che la ricerca sia una priorita’ su cui investire una quota rilevante del Pil e non soltanto quello che puo’ avanzare da altri settori. In piu’ serve il supporto dei mass media perche’ e’ fondamentale che la popolazione comprenda che investire sulla salute e’ fondamentale e non corrisponde alla sola erogazione di una cura sanitaria ma e’ un complesso piu’ ampio di realta’. Per questo non ci puo’ essere salute dove non si va a scuola, non ci sono i servizi sociali, il lavoro o la casa. La collaborazione con i media serve ad eliminare inoltre tutte le fake news che circolano e indurre la popolazione ad atteggiamenti sani. Questo e’ cruciale anche nel contrasto al Covid insieme al lavaggio delle mani, al distanziamento fisico e all’investimento in un vaccino contro il virus. Lo studio di questo vaccino puo’ essere fondamentale anche per lo studio di altri vaccini su altre malattie che colpiscono milioni di persone per i quali non e’ previsto un investimento preciso".
Commenti