Latina, rapina ed estorsioni sono 5 gli arresti. Quattro sono della famiglia Di Silvio. Si indaga anche per il metodo mafioso

Sono 5 le persone indagate in concorso tra loro a vario titolo per violenza privata, rapina ed estorsione aggravata dal metodo mafioso e per le quali questa mattina il personale della Squadra Mobile di Latina, unitamente a personale del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Roma, in collaborazione con i Reparti Prevenzione Crimine della Polizia di Stato, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Ecco i nomi:
- DI SILVIO Costantino detto Costanzo, nato a Latina il 24.01.63;
- DI SILVIO Antonio detto Patatinonato a Latina il 10.11.92;
- DI SILVIO Ferdinando detto Prosciuttonato a Latina il 30.03.97;
- DI SILVIO Ferdinando detto Pescionato a Roma il 13.09.01;
- PES Luca, nato a Latina il 25.08.90.
Le indagini e la ricostruzione degli episodi criminosi
Le indagini costituiscono l’epilogo di un mirato approfondimento investigativo che la Squadra Mobile di Latina, insieme alla Squadra Mobile di Roma ed il Servizio centrale Operativo della Polizia di Stato, sotto la direzione ed il coordinamento della Direzione distrettuale Antimafia di Roma, sta conducendo nella Provincia di Latina, anche rispetto alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
Gli odierni indagati, tranne Luca PES, sono uniti da legami di stretta parentela, tutti membri della famiglia DI SILVIO, gruppo di etnia Rom già protagonista di gravissimi episodi criminosi in questa città: gambizzazioni, tentati omicidi ed atti intimidatori di vario genere; il capostipite Giuseppe DI SILVIO detto “Romolo” è attualmente ristretto in carcere in espiazione di una lunga pena detentiva poiché condannato con sentenza definitiva, insieme al nipote DI SILVIO Costantino detto Patatone, per l’omicidio di BUONAMANO Fabio, avvenuto nell’anno 2010.
I reati oggetto di contestazione, consumati negli ultimi due anni, mostrano l’utilizzo di un metodo tipicamente e tradizionalmente mafioso, caratterizzato dalla prospettazione di ritorsioni, dal riferimento esplicito ad un clan di appartenenza, dall’affermazione di un controllo del territorio da cui deriva il potere di imporre il “pizzo”, la protezione sia ad attività commerciali che a privati.
In tale contesto, gli indagati hanno fatto leva sulla fama criminale derivante dall’appartenenza al clan DI SILVIO della famiglia di Giuseppe detto Romolo, ottenendo in tal modo l’assoggettamento delle vittime ed al contempo l’omertà delle stesse che hanno tollerato le pressanti richieste, senza denunciare gli autori di tali fatti, almeno fino al contatto con le forze dell’ordine.
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