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  • venerdì 2 maggio 2025

Coronavirus, Ippolito (Spallanzani): “Non è mutato, ma si muore meno”

 


Davvero si muore di meno di Covid-19? “Sì, ma non per le mutazioni del virus. Abbiamo imparato a trattare meglio i pazienti. E c’è una minore densità di circolazione del virus”. Così Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani e membro del Comitato tecnico scientifico, in un colloquio con il manifesto. 


“Anche una recente ricerca del gruppo di Massimo Clementi suggerisce che distanziamento sociale, igiene e mascherine abbiano diminuito la carica virale delle persone contagiate, e il rischio di sviluppare sintomi gravi. Infine, l’età mediana dei contagiati ora è intorno ai 40 anni, contro i 60 della prima fase. La probabilità che un quarantenne subisca effetti gravi è nettamente inferiore”. 


I dati a disposizione sull’epidemia sono poco trasparenti, sottolinea il giornalista Andrea Capocci: li conosciamo solo in forma aggregata. “È stata chiesta maggiore apertura”, ricorda Ippolito. “L’Accademia dei Lincei in un documento ha scritto: ‘Tutti i dati sull’epidemia devono essere resi pubblici’. Un emendamento al Dl Maggio a firma del deputato Riccardo Magi ha chiesto di pubblicare tutti i dati disaggregati prodotti dalle regioni sul portale degli «open data» della pubblica amministrazione. Ma il governo ha dato parere contrario, adducendo l’obiezione da parte del garante della privacy”. 


Ippolito ha appena dato alle stampa il libro “Cosa sarà. Come cambierà la nostra vita dopo la grande pandemia”, scritto a quattro mani con Salvatore Curiale per l’editore Mind. “Con l’avanzare dell’età media, bisogni sociali e sanitari non devono essere separati”, afferma il professore. “Finora ci siamo preoccupati di guadagnare anni di vita e di salute. Ora dobbiamo dare un valore a quegli anni che abbiamo guadagnato. Il paziente deve avere un servizio di assistenza sul territorio, dove magari dover trovare un cardiologo. Spendiamo miliardi in app, ma perché agli anziani non dobbiamo dare un sistema continuo di monitoraggio? Serve un nuovo patto generazionale: oggi gli anziani si occupano dei nipoti, e per questo si ammalano, ma i giovani non si rendono conto del loro valore. Infine, ristabilirei la differenza tra sanità pubblica e privato: chi fa il pubblico fa il pubblico e chi fa il privato fa il privato”.


 


 

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