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  • martedì 29 aprile 2025

Resta chiusa nei cassetti del parlamento la Proposta di Legge sulla chiusura domenicale dei negozi. Tutta colpa di un sondaggio tra gli italiani

 


Di Maio ne era ormai certo, i negozi aperti la domenica stavano per diventare solo un ricordo, poi, però, qualcosa è cambiato e la legge che doveva mettere i lucchetti alle attività commerciali nel giorno settimanale della festa si è persa nei meandri del parlamento. Tutta colpa non delle divisioni politiche tra i due azionisti di maggioranza del Governo, ma di semplici sondaggi che mettevano nero su bianco le valutazioni degli italiani su questo provvedimento. Vista la quantità elevatissima di no, Lega e M5S avrebbero deciso, di comune accordo, di riporre nel cassetto il provvedimento.


 Grande distribuzione: "A rischio il 18% del fatturato" - I primi a cercare di bloccare la legge proposta da Luigi Di Maio, che intendeva rivedere la liberalizzazione del lavoro festivo nel commercio, è stata la grande distribuzione. In un convegno alla Camera dei deputati i centri commerciali hanno segnalato che la chiusura domenicale porterebbe ad un calo del fatturato del 18%. Una mazzata per il Pil ma anche per i posti di lavoro che si perderebbero, circa 95mila.

Il sondaggio segreto - La Lega poi, stando a quanto riporta Il Messaggero, avrebbe commissionato un sondaggio riservato che dimostrerebbe come oltre il 50% degli italiani non sarebbe contento di questa novità. Anche nel M5s però si stanno rivedendo gli obiettivi.

La modifica in commissione - Al momento la legge che prevede la chiusura almeno per 26 domeniche (dei 12 festivi sono previste solo 4 deroghe su decisione delle regioni) è ferma alla Commissione Attività Produttive. La via d’uscita sarebbe un cambio di indirizzo, cioè non più chiusure ma aumenti di stipendi per chi lavora durante i festivi.


 



  Eppure la legge che dovrebbe limitare lo shopping festivo degli italiani sembra impantanata nei corridoi del Parlamento. E questo per volontà di entrambe le forze di governo. Lega e M5s avrebbero "sondato" l’umore degli italiani per trovare un secco no a questa ipotesi. Ora la legge potrebbe quindi cambiare per appesantire invece gli stipendi dei lavoratori.


 

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