Resta chiusa nei cassetti del parlamento la Proposta di Legge sulla chiusura domenicale dei negozi. Tutta colpa di un sondaggio tra gli italiani

Di Maio ne era ormai certo, i negozi aperti la domenica stavano per diventare solo un ricordo, poi, però, qualcosa è cambiato e la legge che doveva mettere i lucchetti alle attività commerciali nel giorno settimanale della festa si è persa nei meandri del parlamento. Tutta colpa non delle divisioni politiche tra i due azionisti di maggioranza del Governo, ma di semplici sondaggi che mettevano nero su bianco le valutazioni degli italiani su questo provvedimento. Vista la quantità elevatissima di no, Lega e M5S avrebbero deciso, di comune accordo, di riporre nel cassetto il provvedimento.
Grande distribuzione: "A rischio il 18% del fatturato" - I primi a cercare di bloccare la legge proposta da Luigi Di Maio, che intendeva rivedere la liberalizzazione del lavoro festivo nel commercio, è stata la grande distribuzione. In un convegno alla Camera dei deputati i centri commerciali hanno segnalato che la chiusura domenicale porterebbe ad un calo del fatturato del 18%. Una mazzata per il Pil ma anche per i posti di lavoro che si perderebbero, circa 95mila.
Il sondaggio segreto - La Lega poi, stando a quanto riporta Il Messaggero, avrebbe commissionato un sondaggio riservato che dimostrerebbe come oltre il 50% degli italiani non sarebbe contento di questa novità. Anche nel M5s però si stanno rivedendo gli obiettivi.
La modifica in commissione - Al momento la legge che prevede la chiusura almeno per 26 domeniche (dei 12 festivi sono previste solo 4 deroghe su decisione delle regioni) è ferma alla Commissione Attività Produttive. La via d’uscita sarebbe un cambio di indirizzo, cioè non più chiusure ma aumenti di stipendi per chi lavora durante i festivi.
Eppure la legge che dovrebbe limitare lo shopping festivo degli italiani sembra impantanata nei corridoi del Parlamento. E questo per volontà di entrambe le forze di governo. Lega e M5s avrebbero "sondato" l’umore degli italiani per trovare un secco no a questa ipotesi. Ora la legge potrebbe quindi cambiare per appesantire invece gli stipendi dei lavoratori.
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