Pronto a compiere un attentato in nome e per conto dell’Isis, italiano arrestato
La loro era un’amicizia cresciuta "nel tempo con un’assidua frequentazione consolidatasi attraverso un legame di condivisione di intenti molto intensa avallata dalla presenza del padre" del giovane marocchino - dicono gli investigatori - internauta e frequentatore di pagine Facebook italiane orientate verso la linea religiosa islamica salafita. Nel corso dei dialoghi con l’amico italiano, il 18enne manifestava "il suo crescente odio nei confronti dei miscredenti e la sua volontà di seguire la via della ’HAQQ1’ (la Verità)".
E sempre attraverso i più noti social network il palermitano condivideva materiale propagandistico dell’estremismo jihadista e soprattutto dello Stato Islamico (Daesh) sia di tipo documentale (infografie, istruzioni, mappe, vessilli, testi di discorsi estremisti riportanti il simbolo dell’ISIS, e altro) sia di tipo video-fotografico (scene e canti di guerra, immagini di guerriglieri, video di esplosioni e di combattimenti, e altro); materiale di cui si riforniva sia in rete sia ricevendolo da soggetti vicini all’estremismo islamico, residenti su tutto il territorio nazionale, di cui alcuni propugnatori dell’ideologia salafita e della imposizione anche violenta delle regole della Sharia nel mondo occidentale e in Italia in particolare.
"L’indagato ha avviato il proprio processo di radicalizzazione, già nell’anno 2017, iniziando a frequentare un luogo di culto islamico della provincia di Palermo. Successivamente, dopo aver conseguito l’abilitazione alla conduzione di mezzi pesanti, si è trasferito per motivi di lavoro, nelle zone del Nord Italia, dove ha accresciuto il suo livello di radicalizzazione, frequentando assiduamente luoghi di culto della provincia di Monza-Brianza ed intensificando le relazioni di amicizia con O.G. ed altri italiani convertiti alla fede islamica, nonché con cittadini stranieri che pongono in essere condotte che evidenziano forme di estremismo preoccupanti.
’Yusuf’, secondo il quale il martirio è "il miglior modo per morire", litigava con i propri genitori che non accettavano la sua scelta di radicalizzazione e li definiva ’miscredenti’. "L’estremo livello di radicalizzazione" di G.F., dicono gli inquirenti, "era altresì comprovato dal conflittuale rapporto con i propri genitori a seguito della sua conversione ed adesione ai rigidi canoni della religione salafita". La madre di G.F. era molto preoccupata per il figlio convertito. Confidandosi con un’amica al telefono, senza sapere di essere intercettata, la donna diceva: "Perché io ho mio figlio che lo devo tenere buono (ndr. calmo) perché mio figlio mi può pure scappare da casa, dove se ne va? Con chi si accompagnerebbe? Perciò io me lo deve tenere buono perché io non posso dire certe cose perché per lui è sbagliato". Per gli inquirenti questa conversazione "confermava inequivocabilmente il percorso di adesione all’ideologia jihadista intrapreso" dal 26enne. Una condivisione che è "andata sempre più radicalizzandosi, in primis, attraverso lo studio ed approfondimento del tema del ’’Martirio’’, perpetrato tramite l’assidua frequentazione, di soggetti altrettanto radicalizzati, ed infine tramite lo svolgimento di un’effettiva attività di addestramento ed auto-addestramento, funzionale alla preparazione per l’agognato viaggio verso i territori dello Stato Islamico".
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