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  • giovedì 26 dicembre 2024

Papa Francesco parla ai Gesuiti: "Il populismo sta acquistando forza..."

 “Devo riconoscere che alcune narrative che ascolto in Europa sulle frontiere mi scandalizzano. Il populismo sta acquistando forza”. Così il Papa.”Il Mediterraneo è stato trasformato in un cimitero.


L’impressionante crudeltà di alcuni centri di detenzione in Libia mi tocca il cuore”, afferma Francesco. Che in merito agli Stati Uniti afferma: “Da altre parti ci sono muri che separano persino i bambini dai genitori”.


Jorge Mario Bergoglio ha incontrato i gesuiti del sud-est asiativo, nel corso del suo recente viaggio in Thailandia. E la Civiltà cattolica che esce oggi riporta il colloquio.


“Per i gesuiti il lavoro con i rifugiati è diventato un vero e proprio ‘luogo teologico’”, afferma il Pontefice in uno stralcio del testo anticipato da Avvenire. “Lo considero così, un luogo teologico. Questo è stato il testamento di padre Pedro Arrupe, che proprio qui in Thailandia nel suo ultimo discorso ha ribadito l’importanza di questa missione. Per me padre Arrupe è stato un profeta: il suo ‘canto del cigno’ fu la fondazione, proprio qui a Bangkok, del servizio dei gesuiti per i rifugiati. Poi, durante il volo verso Roma dalla Thailandia, fu colpito da un ictus. Il fenomeno dei rifugiati c’è sempre stato, ma oggi è più conosciuto a causa delle differenze sociali, della fame, delle tensioni politiche e soprattutto della guerra. Per questi motivi i movimenti migratori si intensificano. Qual è la risposta che dà il mondo? La politica dello scarto. I rifugiati sono materiale di scarto. Il Mediterraneo è stato trasformato in un cimitero.L’impressionante crudeltà di alcuni centri di detenzione in Libia mi tocca il cuore. Qui in Asia tutti conosciamo il problema dei rohingya”.


“Devo riconoscere – afferma il Papa – che alcune narrative che ascolto in Europa sulle frontiere mi scandalizzano.Il populismo sta acquistando forza. Da altre parti ci sono muri che separano persino i bambini dai genitori. Mi viene in mente Erode. E per la droga invece non ci sono muri che tengano. Come ti dicevo, il fenomeno migratorio è molto accentuato dalla guerra, dalla fame e da una ‘filosofia di difesa’, che fa credere che solamente con la paura e rafforzando le frontiere è possibile difendersi. D’altra parte, c’è lo sfruttamento. Sappiamo bene come la Chiesa – e quante suore sono impegnate in questo campo! – stia lavorando sodo per salvare le ragazze dalla prostituzione e da diverse forme di schiavitù. La tradizione cristiana ha una ricca esperienza evangelica nell’affrontare il problema dei rifugiati. Ricordiamo anche l’importanza dell’accoglienza dello straniero che ci insegna l’Antico Testamento. Ma pure tante piccole usanze popolari di accoglienza, come quella di lasciare una sedia vuota in un giorno di festa nel caso dovesse arrivare un ospite inatteso. Se la Chiesa è un ospedale da campo, uno dei campi dove ci sono più feriti è proprio questo. Sono questi ospedali che dobbiamo frequentare maggiormente. Ritorno al ‘luogo teologico’: il testamento di padre Arrupe ha dato un grande impulso al lavoro con i rifugiati, e lo ha fatto chiedendo innanzitutto una cosa: la preghiera, più preghiera. Il discorso che qui a Bangkok aveva rivolto ai gesuiti che stavano lavorando con i rifugiati è stato quello di non trascurare la preghiera.


Dobbiamo ricordarlo bene: la preghiera. Come dire: in quella periferia fisica non dimenticatevi di quest’altra, quella spirituale. Solo nella preghiera troveremo la forza e l’ispirazione per entrare bene e con frutto in quelli che sono i ‘pasticci’ dell’ingiustizia sociale”.


 

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