Mattarella: “Se serve la scorta a Liliana Segre, l’odio è concreto”

"La solidarietà, la convivenza, il senso di responsabilità devono contrastare l’intolleranza, l’odio, la contrapposizione". Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in riferimento alla scorta data a Liliana Segre, intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico dell’università Campus Biomedico. La contrapposizione tra "solidarietà" da una parte e "intolleranza, odio e contrapposizione" non è "una alternativa retorica - ha aggiunto il Capo dello Stato - quando una bimba di colore non viene fatta sedere sull’autobus o quando una donna come Liliana Segre ha bisogno di una scorta, si capisce che questi non sono interrogativi astratti o retorici".
Ma ecco l’intero discorso del Capo dello Stato: “Desidero rivolgere un saluto molto cordiale a tutti i presenti, alla signora Sindaco e a tutte le Autorità.
Un saluto, ringraziandoli, al Presidente e al Rettore e un ringraziamento ai rappresentanti degli studenti per il loro contributo a questa riflessione, al Professor Inguscio, con il quale non potrei interloquire nel merito, perché sarei privo dell’attrezzatura scientifica, ma lei ha reso intelligibile a tutti la sua esposizione. Riprenderò una sua considerazione. Grazie, Professore.
Desidero rivolgere un saluto cordiale a tutti coloro che lavorano qui al Campus, ai docenti, ai medici, al personale infermieristico, ai dirigenti, al personale amministrativo e tecnico. A tutto coloro che contribuiscono a questa – ormai venticinquennale - straordinaria avventura scientifica di insegnamento e formazione.
Poc’anzi ho avuto modo di visitare un laboratorio, registrando con ammirazione risultati e obbiettivi conseguiti con la ricerca, un laboratorio che non è esaustivo ma è rappresentativo dell’attività di ricerca che qui si svolge e che evidenzia uno dei motivi di apprezzamento che vorrei esprimere al Campus. Motivi che sono d’altronde espressi anche nei numeri, dall’esposizione che il Rettore ha fatto poc’anzi dell’attività dell’Ateneo.
È la conferma – e rivolgo un saluto ai Rettori di altri Atenei presenti - del grande contributo che al nostro Paese quotidianamente regalano i nostri Atenei, la rete delle nostre Università.
Quanto ho visto poc’anzi e quanto abbiamo ascoltato mi suggeriscono qualche considerazione, molto breve.
Mi è parso di trovare un filo comune nell’intervento del Presidente del Campus, del Rettore, degli studenti - dei laureandi - che ci hanno intrattenuto poc’anzi.
Il Presidente ha parlato del bene comune come obiettivo, come quadro di inquadramento delle attività di formazione, studio e ricerca. E l’ho visto poc’anzi: le ricerche in corso, quelle che hanno già avuto risultati, quelle che li stanno per conseguire, sono tutte rivolte alla qualità della vita, a rendere migliore la condizione della vita di tutti noi.
Il Rettore ha parlato dell’educazione e della formazione globale, ha fatto quella puntuale citazione di John Henry Newman e ha anche fatto una esortazione – che è un programma di lavoro - che ha evidenziato il prendersi cura dei tanti fronti che poi ha enumerato: i tanti fronti, i tanti aspetti, i tanti ambiti con cui si viene in contatto, costantemente. In questo, come in altri Atenei, ma anche, da parte di tutti, nella vita quotidiana.
Prendersi cura vuol dire avere responsabilità. Come ha detto il Rettore, senso di responsabilità.
Anche il laureando Augusto Ferrini ha parlato del bene comune. Ha parlato dell’esigenza di formazione di persone consapevoli e trasparenti, dotate di spirito critico, elemento sempre più indispensabile, tanto più ascoltando il Professor Inguscio: avvicinandoci alle varie forme di intelligenza artificiale, occorrono persone consapevoli, capaci di governarle e dotate di spirito critico.
Silvia Rossi ci ha parlato della responsabilità verso la collettività. E quanto ha sottolineato - come già hanno fatto il Rettore e il Presidente – circa le attività svolte in località del Perù e dalla Tanzania dimostra che questa collettività viene intesa non nel senso ristretto del proprio ambiente in cui si vive materialmente, ma in un mondo sempre più piccolo, raccolto e interconnesso, la collettività è globale; e di questa ci si deve far carico.
Tutto questo è particolarmente importante e vorrei ringraziare per questa impostazione e per questa sensibilità.
È una condizione che viene riassunta, in realtà, negli interrogativi che ogni Ateneo pone agli studenti e insieme agli studenti; e che poc’anzi il Professor Inguscio ci ha proposto con quella citazione. Chi può immaginare, chi può comprendere come sarà il mondo del futuro? La risposta è illuminante: chiedete ai vostri bambini.
Io credo che la risposta dei bambini - per chi li sa ascoltare e interpretare – sia sotto gli occhi di tutti: cercare di avere una vita serena e quindi una convivenza serena, un modo sereno di stare insieme contro la chiusura egoistica e l’arroccamento egoistico. Avere un senso di responsabilità, appunto, contro l’indifferenza.
I bambini percepiscono quando negli adulti vi è senso di responsabilità e non indifferenza. Chiedono ancora – per chi li sa intendere (ed è facile comprendere i bambini) – solidarietà, aiuto vicendevole, appunto, contro l’intolleranza, l’odio, la contrapposizione.
Non sono alternative retoriche; non si tratta di alternative astratte, ma estremamente concrete.
Se qualcuno arriva, in un autobus, a dire ad una bimbetta di sette anni ‘non puoi sederti accanto a me’ perché ha la pelle di colore differente o se a una signora anziana che non ha mai fatto male alcuno ma che il male lo ha subito da bambina in forma crudele, come Liliana Segre, è necessario assicurare una scorta, vuol dire che questi interrogativi non sono né astratti, né retorici. Ma sono concreti.
Perché i bambini forniscono una risposta che è anche complessiva all’interrogativo posto dal Professor Inguscio, perché in realtà dimostrano, con queste sottolineature, con queste esigenze, con queste linee di indirizzo che forniscono, che non sono sogni.
Lei ha parlato di sogni poc’anzi, Professor Inguscio. Ma mi sono permesso di dire, nell’ultimo discorso di Capodanno, che occorre non confinare i sogni all’età dell’infanzia.
Non sono sogni, sono indicazioni di comportamento quelle che dai bambini si possono trarre.
E questo dimostra che, in realtà, il mondo cambia, come è sempre cambiato, profondamente. Dimostra che attraverso i mutamenti, che ogni volta appaiono sconvolgenti - nella nostra epoca i ritmi sono accelerati, più veloci, ma sempre l’umanità ha attraversato cambiamenti che sono apparsi sconvolgenti al momento in cui insorgevano - in tutti questi cambiamenti così veloci, c’è qualcosa che rimane costante, che è la condizione umana, i valori dell’umanità, quelli appunto della convivenza, della solidarietà, del senso di responsabilità.
Ed è quello che le Accademie, le Università, gli Atenei trasmettono; è quello che in questo Ateneo si trasmette. Per questo, con l’apprezzamento per quanto viene fatto, esprimo agli studenti buon anno accademico”.
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