In Italia 10mila osteopati, molti negli ospedali. C’è tanta letteratura scientifica

"Non è una sorpresa né una notizia l’aver preso visione di una lettera di critiche pretestuose nei confronti dell’Istituto di Ortofonologia (Ido) per le attività che propone a favore dei bambini con disturbi dello spettro autistico. In tutti questi anni ho assistito ad una continua campagna ideologica sull’esistenza di una sola terapia per il trattamento dell’autismo, che prevede dalle 25 alle 40 ore settimanali con attività focalizzate sugli aspetti cognitivo-comportamentali. E’ una tecnica che è stata sbandierata come ‘la soluzione’ ai problemi dei bambini con disturbi dello spettro autistico. Il vero problema non è tanto che l’IdO venga criticato quale portatore di un modello diametralmente opposto alla tecnica Aba, proposta per qualunque caso di autismo dall’Angsa, quanto la non conoscenza di cosa possa essere opportuno per i bambini ". Parte da qui la replica del direttore dell’IdO, Federico Bianchi di Castelbianco, alla lettera con cui – nei giorni scorsi – le associazione Anffas (Associazione nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) e Angsa (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) avevano duramente criticato un osteopata.
“Prima la critica era dovuta alla proposta integrativa pet-Therapy, (ormai diffusa in Italia e nel mondo), nel progetto terapeutico, adesso è l’incredibile ignoranza del fatto che l’Osteopatia in Italia sia praticata da migliaia di operatori. Solo uno di questi lavora presso l’Istituto di Ortofonologia- chiarisce Castelbianco- gli altri 9.999 sono sparsi in tutto il Paese. Non sono imbroglioni, ma persone che lavorano ovunque, anche nell’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano, nel Presidio ospedaliero Santo Spirito di Pescara, nell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma, nell’Ospedale Garibaldi di Catania, nell’Ospedale San Giuseppe di Milano, nell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, nell’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze, negli Ospedali riuniti di Ancona. Inoltre, all’ultimo congresso nazionale della Società Italiana di Pediatria tenutosi a Bologna è stata realizzata ufficialmente una tavola rotonda di pediatri sull’osteopatia, etc.”.
Dalla Sicilia al Trentino esiste una “estesa realtà sanitaria che promuove interventi osteopatici a favore dei bambini anche autistici- continua la risposta di Castelbianco- e non si tratta certamente di una diavoleria o di un’illusione dell’IdO. L’osteopatia non è mai stata proposta dall’IdO come una cura per l’autismo, ma come interventi di manipolazione dolce sui bambini con disturbi dello spettro autistico finalizzati a risolvere difficoltà ( per esempio plagiocefalie, blocchi articolari, tensioni mandibolari etc.) con i conseguenti dolori che i bambini non riescono a dichiarare. È una pratica che punta, infatti, a ridurre le tensioni o alterazioni disfunzionali al fine di far stare meglio il bambino e a renderlo più recettivo alla terapia che poi gli viene proposta. Certo l’osteopatia non può essere considerata una cura per l’autismo”, sottolinea il direttore dell’IdO.
Sfatato l’atto “magico”, la domanda che “ci si pone è identificare quale sia l’interesse di chi guida queste associazioni di genitori, attaccare gli altri per mascherare un’ignoranza grossolana? È impensabile che chi guida un’associazione di genitori non sappia ciò che accade in Italia e nel mondo a favore dei bambini autistici. Esiste una copiosa produzione di ricerche scientifiche riconosciute a livello internazionale (sul sito IdO presto riporterò una bibliografia dettagliata, ora a titolo di esempio riporto questi articoli di due note riviste una statunitense e una inglese https://www.ncbi.nlm.nih.gov/ pmc/articles/PMC5371477/ ; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/ pubmed/27845175 ; https://westminsterresearch. westminster.ac.uk/item/97060/ effectiveness-of-visceral- osteopathic-treatment-on- gastrointestinal-indicators- and-behaviour-patterns-in- autistic-children-using- questionnaire-and-biochemical- markers-to-measure-outcomes ), oltre che istituti riconosciuti in tutto il mondo in cui si pratica l’osteopatia. È una pratica diffusa ovunque- precisa Castelbianco- in realtà quello che sta accadendo è che il metodo universale sbandierato come l’unico approccio scientifico al trattamento degli autismi non ha dato i risultati promessi e vi sono altri approcci, completamente diversi dalla tecnica Aba, che danno risultati. Forse questo è il vero problema. Per chiarezza, non esiste un approccio unico al trattamento dei disturbi degli autismi, infatti il mondo scientifico afferma che non vi sia un solo autismo ma gli autismi. Il nostro approccio DERBBI (developmental, emotional regulation, relationship and body-based intervention) è praticato al lIdO da oltre 15 anni, ed è il primo modello italiano evolutivo a mediazione corporea. Lo abbiamo denominato progetto Tartaruga per non dare ai genitori false aspettative, non ci sono miracoli ma seguendo dei percorsi mirati molti di questi bambini hanno grandi miglioramenti. Noi stessi abbiamo dichiarato che i nostri risultati, sicuramente molto elevati, non sono la soluzione al problema dell’autismo. Questo perché i risultati che abbiamo raggiunto riguardano una sottopopolazione di bambini autistici, ciò significa che esiste anche un’altra grande percentuale di bambini per i quali servono altri approcci e altri studi”. Il neuroscienziato Vittorio Gallese, con uno sguardo prudente, “ci ricorda che non si può parlare di una panacea o di un approccio che risolva tutti i problemi”, anche se “avvalora quegli approcci che puntano di più sul corpo e sul movimento". Il professore di Psicobiologia all’Università di Parma continua, infatti, "ha sottolineato quanto la psicomotricità e tutti gli interventi che attengono meno all’ambito cognitivo e più a quello corporeo sembrino garantire maggiori vantaggi terapeutici”.
Castelbianco conclude, allora, consigliando “a chi guida queste associazioni di genitori, e soprattutto a chi li consiglia, di non cercare critiche pretestuose nelle attività degli altri, ma di pensare a risolvere le proprie criticità. Credo sia più semplice farci domande dirette, e una condotta onesta sarebbe di richiedere un confronto pubblico se sta a cuore il bambino, e non le proprie o altrui provocazioni”.
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