Cambiamenti climatici: la modifica è iniziata 10.000 anni fa

Sono stati pubblicati sulla rivista "Science" i risultati ottenuti da "ArcheoGLOBE", progetto che riunisce ed elabora i dati forniti da 250 scienziati - fra cui il Prof. Gilberto Artioli del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova - e specialisti sulle attuali conoscenze legate all’evoluzione e ai cambi di sfruttamento del territorio globale dall’8.000 a.C.al 1850, riunendo per la prima volta informazioni globali e coordinate sull’utilizzo della superficie terrestre, intesa come estensione sia geografica sia cronologica, derivanti dai dati archeologici e geoarcheologici disponibili (come le "mappe" che si trovano incise sulle rocce della Val Camonica), da quelli che, a loro volta, derivano dalla microbiologia e dalla geochimica dei suoli che dimostrano uso di fuoco e allevamento, o le informazioni paleo-palinologiche sulla presenza di vegetazione naturale e alle colture collegate con attività agricole. Questi dati sono stati, poi, interpretati in rapporto alle principali modalità di trasformazione del territorio. I risultati hanno mostrato che l’impatto dell’uomo sulla superficie terrestre, specialmente l’inizio dell’agricoltura intensiva, è di molto precedente rispetto ai modelli comunemente utilizzati per descrivere l’evoluzione della distribuzione della vegetazione nel tempo e i cambiamenti climatici, perché la superficie terrestre risultava modificata dall’agricoltura già 3.000 anni fa, e questo può avere qualche conseguenza sulla definizione ed estensione dell’Antropocene, l’epoca in cui appaiono riconoscibili gli effetti delle azioni umane sulla superficie terrestre. Secondo lo studio, quindi, i cambiamenti climatici in corso non sono ascrivibili solo ai processi derivati dall’industrializzazione e dal post-industrialismo, ma possono avere avuto un’origine precedente: basti pensare che gli equilibri ambientali hanno cominciato a modificarsi nel 10.000 a.C., per andare avanti in maniera sempre crescente dal 6.000 a.C. circa, e arrivare al ritmo degli ultimi 150 anni. Le conoscenze attuali di alcune zone del pianeta, inoltre, risultano essere scarse o nulle. Per cui, ci vorranno altri studi per avere una completa visione e comprensione delle trasformazioni del passato e, di conseguenza, riuscire a prevedere il futuro delle interazioni fra l’uomo e l’ambiente.
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