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  • domenica 4 maggio 2025

Ricciardi (Oms): “Imparare dagli errori e usare il tempo, un mese, per preparaci bene alla riaperura”

Imparare dagli errori e usare il tempo, un mese, che dovremmo ancora aspettare – perché l’epidemia di coronavirus “non è sotto controllo” – per prepararci bene alla riapertura. Con la consapevolezza che alcune cose si possono e devono fare in questi 30 giorni, come la app che ci aiuterà a tracciare i rami del contagio. Altre, più complesse e di ampia portata, che investono tutto il Servizio sanitario nazionale, non le dobbiamo comunque più rimandare.


Walter Ricciardi, membro dell’esecutivo dell’Organizzazione mondiale della Sanità e consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, ci ha fatto un quadro d’insieme, partendo da una considerazione allargata: “Nelle epidemie la catena di comando deve essere unica, il frazionamento decisionale è un alleato del virus. E questo frazionamento c’è in Italia e in Europa, in Italia per la Costituzione e in Europa per i Trattati. In Italia sono di fatto concorrenti lo Stato e le regioni, ma sono le regioni responsabili degli aspetti gestionali della sanità. In Europa sono responsabili gli Stati membri. In Italia lo Stato centrale e in Europa la Commissione europea possono esercitare delle attività relativamente rapide, la velocità è molto spesso condizionata dalla necessità di trovare accordi basati sul consenso. A scapito della rapidità”. E “per risolvere questo problema c’è solo una strada: in Italia cambiare la Costituzione, in Europa cambiare i Trattati, non ci sono alternative. Finora ilproblema è stato bypassato attraverso i decreti e le ordinanze, attraverso misure eccezionali, ma non si può governare normalmente attraverso decreti e ordinanze”. Ricciardi lo dice con certezza sottolineando la necessità di un’inversione di a U rispetto alla devolution iniziata nel 2001 con la riforma del titolo V della Costituzione che ha dato poteri più ampi alle Regioni e Province autonome: “Non c’è dubbio che in Italia se noi vogliamo avere una sanità coordinata e rapida per tutti i cittadini va di nuovo cambiata la Costituzione, per lo meno la parte dedicata alla sanità. E’ dal 2001 che c’è questo problema, prima ce n’erano altri, ma non quello della frammentazione. Tanto è vero che prima del 2001 una persona del Sud aveva un’aspettativa di vita superiore, con la devoluzione è cambiato completamente perché le regioni sono andate ognuna in autonomia. In tempo di pace la devoluzione ha prodotto diseguaglianza, come se al Sud e al Nord si vivesse in due paesi diversi. Al tempo di una guerra contro un’epidemia produce ritardi” .


“Le epidemie – spiega Ricciardi – vanno combattute con un sistema integrato ospedali e territorio. Se tu le combatti solo con gli ospedali diventano essi stessi dei focolai di infezione. Per combattere le malattie infettive c’è bisogno di una strategia congiunta e la strategia congiunta funziona meglio in alcune regioni rispetto ad altre, funziona meglio in alcuni Paesi rispetto ad altri. C’è il modello in cui la sanità territoriale è rimasta uno dei perni dell’assistenza e qui funziona meglio, perché tu puoi tenere le persone a casa e dargli assistenza a casa. Se invece le fai arrivare tutte in ospedale, il risultato è un ospedale sovraccarico e diffusione del virus al personale sanitario. Il modello ottimale è quello che prevede: ospedale-medicina territoriale-medici di medicina generale, questi sono i tre perni. Se ne hai soltanto uno non riesci a reggere la botta. E questo è il caso della Lombardia, il più eclatante. Nelle altre regioni che non hanno un modello così ospedale-centrico come la Lombardia le cose sono andate diversamente. Anche in Usa, ad esempio il Massachusetts che ha un sistema diverso sta molto meglio di New York, dove l’unica possibilità dei malati è l’ospedale”.


“I perni del Servizio sanitario nazionale sono tre: ospedale – medicina territoriale – medici di famiglia e sono tutti e tre perni indispensabili se un palazzo non ha queste tre fondamenta è storto o crolla. C’è bisogno di una governance nuova. Ma qui sta un altro punto di debolezza del nostro sacrosanto Ssn: i medici di medicina generale sono liberi professionisti che hanno una convenzione, un contratto. Sono un’entità particolare e questo problema non è mai stato affrontato nella sua totalità”. Così un “passaggio epocale sarebbe inserirli in un rapporto di dipendenza. Andrebbe fatto”.


Altro vulnus quello dei test, tema che Ricciardi chiarisce una vota per tutte: “il sistema della diagnostica, il testing ècruciale. Però molto spesso si fa confusione: diagnostica accurata e risultati adeguati non significa test a tutti, atutta la popolazione, non sarebbe possibile, nessun Paese ha lacapacità di fare test a tutti, bisognerebbe fare i test a 7miliardi di persone ogni giorno e questo non è possibile. I test vanno fatti in maniera ampia, ma sempre in maniera mirata equesto ha bisogno di un’organizzazione, che non è ospedaliera ma di sanità pubblica. E – anche qui – molte regioni questa organizzazione non l’hanno o ce l’hanno carente”. In particolare “è un’importante sistema di protezione che gli ospedali facciano i test ai sanitari ma a monte è più importante che sia organizzato il territorio per fare un testing diffuso nel momento in cui emerge un caso. I test vanno fatti a persone che hanno una sintomatologia anche lieve, appena uno ha insorgenza sintomi anche parziale va fatto il test per identificare precocemente le persone positive”.


Il consulente del ministro Speranza qui non ha dubbi bisogna usare la tecnologia e assicura che ci siamo: “Nel momento in cui il soggetto è positivo attraverso una app, che è tecnologicamente possibile, si traccia con chi questa persona è stata in contatto nelle 48 ore precedenti. La persona positiva viene isolata a casa, le persone entrate in contatto vanno avvertite e si devono mettere in quarantena per 14 giorni. Questo consente di non far arrivare queste persone in ospedale e di limitare il contagio. Il contagio dipende dal fatto che le persone positive circolano,vanno al lavoro, sui mezzi pubblici, questo sistema testing piùtracciamento consente di identificare immediatamente i casi e isolarli. In ospedale ci devono andare le persone che hanno una sintomatologia grave che richiede il ricovero e un’assistenza più forte, ma queste sono soltanto una parte. Quello che invece è successo in molte regioni è che da un lato, sono andati tutti in ospedale e dall’altro lato non sono stati fatti i test a casa alle persone che avevano una sintomatologia lieve, molto spesso sono stati fatti soltanto a chi aveva una sintomatologia molto complessa”.


“Test quindi – ribadisce Ricciardi – sulla base di una sorveglianza attiva sul territorio che individui subito i positivi, e abbinata al tracking tecnologico perché altrimenti non ce la facciamo. Normalmente c’è qualcuno che prende il positivo lo interroga e gli chiede che hai fatto, chi hai visto, chi hai contattato ma è una procedura lunga e quando ci sono molte persone 1) non riesci a farlo e 2) troppi errori di recall,perché la persona non si è ricordata. Invece con il tracciamento tecnologico tu sai esattamente dove chi è risultato positivo è stato e le persone con cui è entrato in contatto.Immediatamente sono avvertite e isolate anche loro inquarantena. Non vanno a lavorare,non vanno in giro, non fanno circolare il virus”.


“Testing e tracking sono le strade che servono, congiuntamente per tenere sotto controllo l’epidemia”.


“Le lezioni che noi stiamo pagando molto amaramente – conclude Ricciardi – siano di apprendimento e non ci si dimentichi tutto nel momento in cui finisce questa emergenza”.


 

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