Economia e Made in Italy, scenari apocalittici. Possibili crolli del Pil dall’1 (9miliardi) al 3% (17 miliardi) nel primo e secondo trimestre dell’anno

E’ drammatico lo scenario economico per l’Italia. Secondo alcune previsioni, si registrerà nei prossimi mesi, un vero e proprio crollo del Pil. Una diminuzione compresa tra -1% e -3% nel primo e secondo trimestre 2020. E’ questa l’indicazione degli effetti sull’economia del coronavirus secondo il Ref Ricerche che quantizza la perdita di Pil tra i 9 ed i 27 miliardi. La stima considera l’impatto nelle regioni italiane, con effetti immediati e di più lunga durata, a seconda del settore considerato. Lombardia e Veneto, le regioni più interessate, spiega il Ref, contano per il 31% del pil italiano. Questa stima si basa su una valutazione degli effetti sui singoli settori, raggruppati in quattro categorie in base al range di probabile variazione del rispettivo valore aggiunto e poi calcolando il peso di tali categorie sul pil totale. Il primo gruppo comprende quei settori che vedono aumentare tra il 2% e il 6% la loro attività in conseguenza dell’epidemia virale (attività legate alla farmaceutica, alla cura della casa e i servizi connessi allo smart working e alle video conferenze); il suo peso è dell’8,5%. Il secondo gruppo è di gran lunga il più importante (vale il 54,6% dell’intera economia) e non patisce sostanziali variazioni di attività a causa del virus. Il terzo gruppo incide per il 25,1% e patisce una contrazione produttiva limitata (al più del 4%). Infine, c’è l’insieme dei settori che stanno subendo contraccolpi molto forti (tra -10% e -40%) ma che hanno un peso contenuto (11,7%; dalla filiera del turismo, a tutte le attività legate a centri di aggregazione). A lanciare l’allarme anche la Cgia. "Se l’emergenza coronavirus dovesse diffondersi a dismisura in tutte le regioni del Nord e durasse qualche mese, come hanno ipotizzato molti esperti di virologia, il rischio che una buona parte dell’economia nazionale si fermi è alquanto probabile". Dall’Ufficio studi della Cgia segnalano che in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Liguria viene ’generata’ la metà del Pil nazionale e del gettito fiscale che finisce nelle casse dell’erario; vi lavorano oltre 9 milioni di addetti occupati nelle imprese private (pari al 53 per cento del totale nazionale); da questi territori partono per l’estero i 2/3 delle esportazioni italiane e si concentra il 53 per cento circa degli investimenti fissi lordi. Oltre alle misure urgenti che interessano le attività e i contribuenti che rientrano nei Comuni ubicati nella cosiddetta zona rossa, sottolinea la Cgia di Mestre, "è altresì necessario che l’ssecutivo metta a punto una misura strutturale che interessi tutta l’economia" e quindi in particolare rifinanziare Cigo e Cigs, ridare credito alle Pmi e fare in modo che la Pa paghi i suoi debiti. "Il danno di immagine provocato al nostro Paese dal coronavirus è alquanto pesante. Molti settori produttivi - segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo - sono già allo stremo, per questo chiediamo al governo di approvare subito un intervento di medio-lungo termine che preveda il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e l’estensione degli stessi ai settori che oggi ne sono sprovvisti, si rafforzino le misure di accesso al credito delle Pmi e la Pubblica Amministrazione paghi tutti i debiti che ha contratto con i propri fornitori".
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