Ecobonus: un’occasione per fare rete e per le associazioni di categoria.

La conversione in legge del D.L. n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio), è attesa ormai con ansia da tutto il Paese. Una delle misure che desta l’attenzione simultaneamente di cittadini, Pubblica amministrazione, imprese, sistema finanziario e assicurativo è il cosiddetto ecobonus del 110%, sia per la riqualificazione energetica che per la riduzione del rischio sismico. In questa fase del dibattito parlamentare, hanno mostrato interesse al tema anche altri stakeholder, che via via sono stati inseriti come possibili beneficiari nel decreto durante il suo iter legislativo (terzo settore, associazioni sportive, ecc.).
A breve, sapremo se il travagliato lavoro di conversione giungerà a compimento e, di conseguenza, chi, come ed entro quando potrà usufruire dell’incentivo. Ad oggi però, come detto, l’agevolazione sta suscitando un enorme interesse, ed è facile capirne il perché. Si tratta, infatti, di una misura che da una parte offre la possibilità di sviluppo economico per il settore delle costruzioni, che vive una crisi di lungo corso, e dall’altra permette ai cittadini (e non solo) di riqualificare il proprio patrimonio edilizio, con l’effetto positivo di migliorarne le prestazioni energetiche e/o sismiche e di conseguenza ridurre i costi della gestione degli immobili (per intenderci, la bolletta energetica, ma non solo). La percentuale dell’incentivo, sta di fatto innescando una corsa all’oro della riqualificazione/ristrutturazione del patrimonio edilizio (o almeno di una sua parte). Si sta assistendo ad un’euforia simile a quella già vista per il decreto Salva Alcoa, che di fatto fece crescere in maniera esponenziale ed in pochissimo tempo l’installazione di impianti fotovoltaici, ma che contemporaneamente portò alla contrazione degli incentivi futuri per il fotovoltaico stesso.
Detto ciò, l’ecobonus probabilmente, senza cambiamenti/stravolgimenti dell’ultima ora, vedrà pochi vincitori e molti vinti. Sui motivi di questa visione così asimmetrica, si è scritto molto. Tra i vari motivi a supporto di questa tesi, c’è il tempo per effettuare gli interventi (31/12/2021), la complessità dei lavori ed infine la difficoltà per le PMI di utilizzare direttamente le detrazioni (la cosiddetta capienza). In questo senso il piccolo non è bello. Ma potrebbe non essere un limite. Infatti, si potrebbero creare le basi per la nascita di un sistema di rete che metta insieme le imprese del settore, ma anche gli altri attori della filiera, per fare, come si usa dire, “massa”. L’unico vero modo che hanno molte imprese per dialogare alla pari anche con il settore finanziario, ed evitare di diventare sub appaltatori di questa o quella grande impresa. Anche per le associazioni di categoria si potrebbero creare le condizioni per svolgere un lavoro di coordinamento che metta insieme i vari pezzi sparsi della piccola e media imprenditoria italiana, promuovendo convezioni con il sistema creditizio/finanziario, ma anche con i fornitori di materie prime. Alla fine l‘alta marea dell’ecobonus potrebbe lasciare sulla spiaggia, molti strumenti preziosi per le imprese e soprattutto la consapevolezza che per (rac)cogliere grandi opportunità servono grandi reti e la volontà di collaborare. Se su questi aspetti si riflettesse e se ne discutesse pubblicamente, l’ecobonus avrebbe ottenuto un effetto collaterale, più importante forse del valore stesso dell’incentivo.
Abbiamo quanto mai bisogno di un sistema imprenditoriale che sappia bilanciare la competizione con la collaborazione, e soprattutto di un ritrovato ruolo “operativo” dei cosiddetti corpi intermedi, che aiutino le imprese a cogliere le opportunità, che pur nella terribile crisi, si presenteranno.
Nin.Gia.
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