I democratici per la rimozione di Trump, ma dovrà decidere il vicepresidente Pence
La Camera americana stringe i tempi per rimuovere il presidente uscente Donald Trump. I democratici presentano una risoluzione per chiede al vicepresidente Mike Pence di invocare il 25/o emendamento. Pence a quel punto ha 24 ore per dare una risposta. Se non lo rimuoverà o se risponderà picche, allora si procederà con l’impeachment, il secondo per Trump. Nancy Pelosi delinea le tappe dell’azione dei liberal. Un’azione che deve essere "urgente" perché Trump è una "minaccia" per la Costituzione e la democrazia, scrive la speaker della Camera ai colleghi democratici. "Nel proteggere la nostra Costituzione e la nostra democrazia, agiremo con urgenza perché questo presidente è una minaccia imminente - mette in evidenza Pelosi -. Anche se trascorrono i giorni, l’orrore per l’assalto alla nostra democrazia perpetrato dal presidente si intensifica e per questo c’è bisogno di un’azione immediata". L’iniziativa dei democratici fa salire la pressione su Pence. Secondo indiscrezioni, il vicepresidente non esclude un ricorso al 25/o emendamento ma solo nel caso in cui Trump divenisse più instabile. Appare invece un’ipotesi altamente improbabile quella delle dimissioni del presidente: fonti della Casa Bianca ribadiscono infatti che non ha nessuna intenzione di fare un passo indietro nonostante le pressioni, anche di alcuni membri del partito repubblicano. "Mi piace il 25/o emendamento perché ci consente di sbarazzarci di Trump", dice secca Pelosi in un’intervista a ’60 Minutes’. Poi spiega comunque che l’impeachment sta incassando un forte sostegno anche perché "squalifica" il presidente da eventuali futuri incarichi pubblici, mandando così in frantumi il sogno del 2024 di Trump. La Camera potrebbe votare l’impeachment già martedì o mercoledì. Poi ancora non è chiaro quello che succederà successivamente. Una delle ipotesi è l’invio al Senato del procedimento dopo i primi 100 giorni della presidenza Joe Biden, in modo di consentire al presidente eletto di incassare il via libera alle sue nomine di governo e affrontare le priorità della sua agenda, ovvero il Covid e l’economia. Senza guardare troppo a lungo termine, i democratici sono ora concentrati sui nove giorni restanti della presidenza Trump. Pochi ma che potrebbero essere di fuoco e durante i quali il presidente, in sfida a tutto e tutti, potrebbe lanciarsi in un’ondata di concessioni di grazia, anche a se stesso. "Può auto-graziarsi solo per offese federali, non per quelle statali", precisa Pelosi ricordando le indagini in corso sul presidente nello stato di New York. A preoccupare non è però solo l’imprevedibilità di Trump. I timori sono alti anche per possibili nuove manifestazioni. "La minaccia di gruppi estremisti violenti resta alta e le prossime due settimane sono decisive nel nostro processo democratico" con la cerimonia di insediamento di Biden, mette in guardia il leader dei democratici in Senato. Lancia l’allarme anche il sindaco di Washington, Muriel Bowser, che chiede un rafforzamento della sicurezza. Secondo le voci circolate in rete, nuove proteste sarebbero già in via di organizzazione al grido: "abbiamo conquistato" il Congresso "una volta. Possiamo farlo ancora". Le date a rischio sarebbero il 17 gennaio o il 20 gennaio, il giorno dell’insediamento quando Biden intende giurare come da tradizione al Campidoglio.
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