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  • giovedì 26 giugno 2025

Pier Carlo Padoan: l’IVA potrebbe aumentare

Durante un’intervista rilasciata al Messaggero, il Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan rivela: “L’idea è quella di scambiare l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto con un taglio al cuneo fiscale: lo scambio tra Iva e cuneo fiscale è una forma di svalutazione interna che beneficia le imprese esportatrici, che sono anche le più competitive, le quali non possono più avvantaggiarsi del tasso di cambio. Si tratta di una ricetta classica – dice il ministro – e siccome io sono un tecnico ricordo che nelle scelte politiche non si possono ignorare gli aspetti tecnici, e viceversa. Diciamo che è un’opzione sostenuta da buone ragioni”. Le ricadute negative dell’aumento dell’Iva disegnano un quadro anche peggiore di come si immagina: Ricorda la Cgia di Mestre: “Di fronte a una crescita economica ancora molto timida e incerta, l’eventuale aumento dell’Iva condizionerebbe negativamente i consumi interni e conseguentemente tutta l’economia, penalizzando in particolar modo le famiglie meno abbienti“.



Già oggi, segnala la Cgia, siamo tra i principali Paesi dell’area euro ad avere l’aliquota ordinaria Iva più elevata. Se da noi è al 22%, in Spagna è al 21, in Francia al 20 e in Germania al 19. Chi verrebbe penalizzato maggiormente da un eventuale aumento dell’Iva? In termini assoluti sarebbero i percettori di redditi più elevati, secondo gli Artigiani di Mestre, visto che a una maggiore disponibilità economica si accompagna una più elevata capacità di spesa. La misurazione più corretta, tuttavia, si ottiene calcolando l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sulla retribuzione netta di un capo famiglia. Adottando questa metodologia, l’aggravio più pesante interesserebbe i percettori di redditi bassi e, a parità di reddito, le famiglie più numerose. Con un incremento di un punto di Iva dal 22 al 23%, ad esempio, una famiglia di 3/4 persone subirebbe un aumento di imposta di circa 100 euro all’anno che, ovviamente, avrebbe delle ripercussioni negative sui consumi interni del paese che costituiscono la componente più importante del nostro Pil.
 

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