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  • lunedì 20 maggio 2024

Che Natale sarà? Ecco le certezze dello psichiatra Edoardo Favaretti, che però avverte, “Evitiamo la rivoluzione”

 


-Prof.  Favaretti, sarà un Natale tristissimo per molti anziani: cosa consiglia ai familiari che non avranno la possibilità di stare con loro?


 


La parola ‘Natale’ proviene da natalizio: qualcosa che riguarda la nascita. E, calo dei contagi e vaccino alle porte, questa sarà una rinascita. Rinascita anche dei valori e del volere stare con i propri cari: non sarà la prima bensì l’ultima volta che ci tocca subire tutto questo.


 


- E cosa consiglia ai più giovani, che ormai da mesi non riescono più a prendere un aperitivo con i propri coetanei?


 


Anche qui, sta avvenendo qualcosa di potenzialmente positivo: era ben da prima del COVID-19 che i giovani creavano amicizie e vivevano amori virtuali on-line trascorrendo parte della loro vita su social e chat. Sfruttiamo questo stato di attuale insofferenza per ritrovare presto voglia di vera socializzazione e convivialità.


 


-Che anno è stato per gli psichiatri come lei?


 


Mi ritengo fortunato perché ho potuto continuare a lavorare a differenza di tante altre persone: spesso debbo farlo fino a tarda serata ma il momento più duro, però, non è durante il lavoro ma è quello del rientro a casa: fa male non vedere traccia di umanità per tutta la città.


 


-Quanto è cresciuta la curva esponenziale dell’uso degli psicofarmaci?


 


I consumi di antidepressivi ed ansiolitici sono aumentati però credo che il peggio possa arrivare quando, finita l’emergenza, dovremo fare i conti con la vita che deve riprendere: lí dovremo essere bravi davvero.


 


-Curare un malato psichiatrico in tempo di Covid è stato diverso dal passato? Molti hanno sostituito le sedute tradizionali con dei collegamenti on line. È la stessa cosa?


 


C’è grande differenza in base al tipo di disturbo per cui ci si deve curare, ma molto terapeuti cercano di evitare il contatto visivo diretto con il paziente durante la seduta psicoterapeutica, il famoso lettino dello psicanalista: il collegamento online presenta invece una esposizione diretta molto forte e a suo modo stressante ed inibente.


 


- Lei ha una grande esperienza anche all’interno delle carceri: in che maniera il Covid ha segnato la vita dei detenuti?


 


Per chi è detenuto in un carcere, così come in una comunità terapeutica, il problema è stato davvero relativo. Quello cui magari non pensiamo è che anche quella carceraria è una popolazione dinamica fatta di partenze ma soprattutto di arrivi. Questi ultimi appena giunti andrebbero messi in quarantena in strutture che sono al collasso essendo già in precedenza strapiene ovunque.


 


-Il 2020 è segnato anche da un altissimo numero di crisi familiari? Ha una lettura a questo?


 


Molte coppie di convenienza si reggevano su enormi spazi di libertà e diversivi che sono venuti meno; ora sono obbligate a guardare in faccia la realtà è poter fare ben poco: è un po’ come dover restare seduti al proprio posto in aereo durante una forte turbolenza.


 


-Quanto peserà sul futuro dei nostri ragazzi l’assenza dalla scuola o dall’università?


 


Speriamo poco: il problema è soprattutto per i più giovani poiché più avanti si va con il livello scolastico e più il vero studio non è in aula ma nell’approfondimento a casa: ho perciò apprezzato il voler tenere aperte le scuole per i più piccoli, sebbene questo sia stato pagato in termini di aumento di diffusione del virus.


 


-C’è ancora spazio Professore per poter raccontare la favola di Babbo Natale ai più piccoli ? Babbo Natale è un personaggio positivo ed è proprio adesso che va raccontata la sua favola: ne abbiamo bisogno un po’ tutti. In un anno in cui ci è stato tolto tutto o quasi, perfino i ‘soliti regali’ possono avere un un effetto antidepressivo.


 


- Professore, è giustificata la rabbia popolare nei confronti di chi governa?


 


La gente è stanca di aspettare ed è stanca di false promesse: dove ci porta questo stato di crisi?  In base a quanto viene attualmente proposto per recuperare il debito nazionale, dovrei fare un discorso sul rischio evidente della scomparsa e appiattimento verso la povertà della classe media, di quei piccoli risparmiatori che hanno reso grande l’Italia e famosa per le sue eccellenze.


 


Parlando con le persone percepisco depressione e rabbia: se neghiamo prima il lavoro e poi colpiamo i risparmi, cosa resta? Lo dico adesso che ancora si può: evitiamo la rivoluzione!


 

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