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  • giovedì 1 maggio 2025

Cerciello Rega, contraddizioni e conferme al processo per l’omicidio del Vicebrigadiere

 


Finnegan Lee Elder “ha ricostruito il fatto con lucidità e precisione, rimarcando la sua mancanza di conoscenza di un dato per lui fondamentale, ovvero che non sapeva che la persona con cui aveva ingaggiato la colluttazione fosse un agente delle forze dell’ordine, perché se lo avesse saputo si sarebbe inibito nell’azione omicidiaria”. Così affermano in un passo dell’elaborato peritale i professori Vittorio Fineschi e Stefano Ferracuti, depositato all’attenzione dei giudici della I corte d’assise di Roma nell’ambito del processo per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. “Non riteniamo – si aggiunge – che sia possibile stabilire un nesso di causalità tra il fatto reato e la condizione psicopatologica del signore mancando la dimostrazione che la condizione mentale accertata nell’Elder abbia compromesso la libera capacità decisionale del soggetto. In tal senso riteniamo perciò che” Elder “sia da valutarsi come imputabile. Il signore, comunque, è persona necessitevole di trattamento psicologico e psichiatrico per via della condizione mentale e del rischio suicidario che presenta”.


 


Carabiniere ucciso, periti: Finnegan capace intendere e volere


E’ “imputabile” il giovane americano che accoltellò e uccise il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. I periti nominati dalla I corte d’assise, i professori Stefano Ferracuti e Vittorio Fineschi, spiegano: “Si ritiene che Finnegan Lee Elder fosse capace di intendere o di volere al momento del fatto”. 


Finnegan è sotto processo con il suo connazionale Gabriel Natale Hjorth. In un passo dell’elaborato, che consta di 170 pagine, Ferracuti e Fineschi, chiariscono che Elder “è persona che presenta un disturbo di personalità borderline-antisociale di gravità medio elevata, una storia di abuso di sostanze (in particolare Thc) e un possibile disturbo post-traumatico da stress”. 


Secondo i periti “tuttavia non è possibile dimostrare che la condizione mentale accertata nell’Elder abbia compromesso la libera capacità decisionale del soggetto al momento del compimento dell’azione delittuosa: riteniamo perciò che il signore sia da valutarsi come imputabile all’epoca dei fatti”. 


Secondo gli esperti “non si rileva la presenza di un nesso di causalità accertabile con il dovuto rigorismo medico legale tra la condizione clinica identificata e la condotta antigiuridica per la quale è processato”.


 


Varriale: “Senza pistola, per praticità”


 “Dovevamo fare il turno 0-6, da mezzanotte alle sei del mattino. Eravamo in borghese, io con la maglietta ed i jeans, Mario pure. Non portavamo la pistola. Per praticità e mimetizzazione l’arma è più un problema, non mi è mai capitato di doverla usare nel servizi nella zona della movida”. Così ha detto Andrea Varriale, il carabiniere che insieme con il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega la notte del 26 luglio scorso. 


“La Beretta pesa oltre un chilo ed è lunga 25 centimetri. Io ero vestito con una polo – ha aggiunto il militare rispondendo al pm Sabina Calabretta – dei jeans e le scarpe da ginnastica. Il nostro obiettivo, quando facciamo quel tipo di servizio, è confonderci tra la gente e mimetizzarsi. La zona di competenza era quella che va da Ponte Sisto a Campo de Fiori e piazza Trilussa, il turno era dalla mezzanotte alle sei di mattina. Giravamo a piedi perché il controllo e la repressione dello spaccio non si può fare in auto. Seguiamo gli acquirenti e troviamo i pusher, facciamo così di solito”.


 


 

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