Open bus musicale itinerante, appuntamenti rinviati al 7 e 10 gennaio

 

A causa del perdurare delle avverse condizioni meteorologiche, è stato rinviato a domenica 10 gennaio l’appuntamento previsto per lunedi 4 gennaio di “Facciamo finta che… tutto va ben”, l’evento con Ambrogio Sparagna e i Solisti dell’Orchestra Popolare Italiana (Raffaello Simeoni, Valentina Ferraiuolo ed Erasmo Treglia) che, a bordo di un open bus turistico a due piani, gireranno per le vie della Capitale proponendo una selezione di canzoni tradizionali del Natale, brani del repertorio più tradizionale delle borgate romane e della campagna romana, e alcuni brani di autori e interpreti eccezionali legati alla storia della città. Confermata  la data di giovedi 7 gennaio.

 

Il 7 gennaio 2021 invece l’open bus partirà sempre allo stesso orario da Piazza San Giovanni in Laterano e, passando per Via Appia Nuova, Piazza Re di Roma, Via Tuscolana, Via dell’Arco di Travertino, arriverà a Piazza di Cinecittà. 

 

Il 10 gennaio 2021 l’open bus partirà alle ore 16,30 da Piazza Bologna e, passando per Viale 21 Aprile, Via delle Province, Corso Trieste, Via Tiburtina e Via di Portonaccio, arriverà a Casal Bruciato.  

 

“Facciamo finta che… tutto va ben”, iniziativa di Roma Capitale, in collaborazione con Fondazione Musica per Roma e con il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura, è un progetto inedito ideato da Maurizio Costanzo e Pino Strabioli che prende il nome dal titolo dell’omonima canzone scritta dallo stesso Costanzo, insieme a Franco Pisano e Umberto Simonetta, nel 1975.

 

L’evento - realizzato grazie agli sponsor G Quadro Advertising, agenzia pubblicitaria specializzata nella comunicazione Out-door, e City-Sightseeing Roma, primo operatore della capitale per il servizio Open Bus - fa parte delle iniziative promosse da Roma Capitale in occasione delle festività natalizie, per offrire anche attraverso la cultura un segnale di speranza e promuovere i valori della tradizione e della condivisione propri del Natale, nel pieno rispetto delle misure di contenimento anti-Covid.

 





Il 14 gennaio un sit in per ricordare Emanuela Orlandi

Il 14 gennaio si terrà a Roma un sit in "non solo per ricordare Emanuela nel giorno del suo compleanno ma per continuare a pretendere quel diritto alla verità e giustizia che da troppi anni reclamiamo, urlando nelle orecchie di chi si ostina a non voler ascoltare e di chi continua a sperare che prima o poi sia tutto dimenticato, ma questo, se lo mettano bene in testa tutti, non accadrà mai. Non lo permetterò, non lo permetteremo". Lo afferma Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, la ragazza scomparsa 37 anni fa di cui non si sono mai avute notizie. Il sit in si terrà dalle ore 17 alle ore 19 in Largo Giovanni XXIII a Roma. "Naturalmente qualora dovessero cambiare le disposizioni e dovessimo tornare in zona rossa, quindi nell’impossibilità che il sit-in possa svolgersi, sarete prontamente avvisati", precisa Pietro Orlandi dal suo account Facebook. 




Maxirissa a Centocelle e spunta anche una pistola

 

Maxi rissa nella serata di lunedì in piazzale delle Gardenie, nel quartiere Centocelle a Roma. 
Coinvolti due gruppi di persone. Secondo quanto si è appreso, a un certo punto un ragazzo di 29 anni è arrivato in auto per difendere uno dei due gruppi ed è sceso dalla macchina armato di pistola. Il giovane è stato inseguito e bloccato dai poliziotti della Squadra Mobile di Roma con le accuse di rissa, porto abusivo d’arma e resistenza a pubblico ufficiale. Gli altri protagonisti della rissa sono riusciti a scappare.    





Prosegue la riqualificazione straordinaria del Ponte della Magliana

 

Al via la seconda fase dei lavori di manutenzione straordinaria del Ponte della Magliana a partire da lunedì 11 gennaio. Gli interventi, come nella prima fase dei lavori sulla parte strutturale del ponte, saranno coordinati dal Dipartimento Simu di Roma Capitale e prevedono inizialmente l’installazione di un nuovo spartitraffico centrale fino al 26 gennaio.

Durante i primi tre giorni sarà approntato il cantiere di notte, con chiusure complete della carreggiata della Roma-Fiumicino dalle ore 21 alle ore 6 del giorno seguente, mentre le successive lavorazioni saranno realizzate di giorno su una singola corsia per senso di marcia, mentre l’altra sarà disponibile per il transito delle automobili e dei mezzi pesanti.

 

Dopo più di quarant’anni riqualifichiamo tutto il Ponte della Magliana, dalla parte strutturale alla sede stradale potenziandone la sicurezza. Si tratta di un intervento molto atteso per tutto il quadrante sud della città perché su di esso transitano ogni giorno migliaia di veicoli che entrano in città o si dirigono verso l’Aeroporto di Fiumicino”, dichiara la Sindaca di Roma Virginia Raggi.

 

Iniziamo la seconda fase dei lavori sul Ponte della Magliana dopo il completamento della prima parte sulla struttura effettuati l’estate scorsa. Ora rinnoviamo tutta la sede stradale e completiamo interventi residui sulla struttura. Parliamo, a esempio, di nuovo manto stradale, rete idraulica, della sostituzione delle barriere di sicurezza e del rifacimento integrale della segnaletica. Come Amministrazione stiamo investendo molto nella prevenzione e nella sicurezza per ponti, cavalcavia e viadotti. Sono operazioni di manutenzione straordinaria fondamentali, in molti casi attese da diversi anni, eseguite anche su altre infrastrutture della città di questo tipo con l’obiettivo di manutenerle in via programmata e non occasionale”, sottolinea l’assessora alle Infrastrutture Linda Meleo.

 

I lavori sulla sede stradale nella carreggiata in direzione dell’aeroporto di Fiumicino avranno una durata di circa 35 giorni duranti i quali sarà chiuso al traffico l’intero tratto del ponte e il viadotto della Magliana per chi proviene da viale Isacco Newton e le linee del trasporto pubblico saranno deviate con percorsi alternativi.

 

Le operazioni di riqualificazione prevedono il rifacimento del manto stradale, la sostituzione dei giunti di dilatazione, la bonifica della rete di smaltimento delle acque piovane, l’impermeabilizzazione della struttura, la sostituzione di tutte le barriere di sicurezza, il restyling della segnaletica orizzontale e la manutenzione della pista ciclabile che sarà inagibile per tutta la durata dei lavori.

A partire dal 3 marzo sarà chiuso al traffico il tratto del Ponte della Magliana in ingresso verso Roma, direzione Eur, con le lavorazioni che saranno completate dopo circa 30 giorni, fatte eccezioni alcuni slittamenti dovuti ad eventi metereologici.

 

La chiusura completa delle singole carreggiate, nelle rispettive fasi di cantiere, consentirà di accelerare le operazioni di riqualificazione garantendo al tempo stesso la qualità dei lavori. La scelta di effettuare gli interventi in questo periodo dell’anno è dovuta al minor impatto dei flussi di traffico, dovuti all’emergenza Covid-19 e all’attuale regime di smartworking per gran parte dei cittadini, con l’obiettivo di completare la riqualificazione completa di entrambe le carreggiate del Ponte prima di grandi eventi molto importanti per Roma come il Gran Premio della Formula E previsto per il 10 aprile 2021, le gare valide per l’Europeo di Calcio 2021 a partire dall’11 giugno.

 

La riqualificazione del Ponte della Magliana una volta completata consentirà, inoltre, un rapido e sicuro collegamento con l’Aeroporto di Fiumicino.

 

Durante i periodi di chiusura completa delle due carreggiate del Ponte nelle notti dell’11, 12 e 13 gennaio e per i veicoli provenienti dalla Roma-Fiumicino e da viale Isacco Newton sarà possibile percorrere via della Magliana. Sarà chiuso anche il Viadotto della Magliana con deviazione del traffico su via Cristoforo Colombo. Divieto di accesso per i veicoli, anche, alle due rampe di immissione al viadotto della Magliana, all’altezza dell’Hotel Sheraton e alla rampa per l’inversione di marcia di via del Cappellaccio.

 

Nei giorni precedenti all’installazione del cantiere sarà predisposta la segnaletica stradale provvisoria dall’impresa che eseguirà gli interventi, coordinata dal Dipartimento Lavori Pubblici, predisposta la cartellonistica sui percorsi alternativi da seguire prima della chiusura completa di ogni singola carreggiata, anche con pannelli a messaggio variabile nelle aree limitrofe e sul Grande Raccordo Anulare.





Disco verde al piano di riordino del demanio e patrimonio immobiliare comunale in concessione di Roma Capitale

 

Procedere con la verifica e ricognizione integrale del patrimonio immobiliare comunale, verificare titoli di assegnazioni, continuando però a garantire le attività sociali e culturali, ma anche imprenditoriali, che utilizzano beni comunali, purché in regola con il versamento del canone.

 

La Giunta capitolina ha dato mandato al Dipartimento Patrimonio e Politiche Abitative di aggiornare e superare il piano di riordino del patrimonio immobiliare indisponibile in concessione previsto dalla Delibera 140 del 2015, prevedendo anche l’applicazione di misure temporanee di salvaguardia che tengono conto delle criticità dell’emergenza sanitaria da Covid-19, consentendo alle realtà che svolgono attività importanti per la città, di proseguire le attività fino al termine delle procedure amministrative per la nuova assegnazione.

 

Nello specifico l’azione di riordino svolta dal Dipartimento, coordinandosi con i Municipi, le altre Strutture Capitoline e la Polizia Locale, procederà quindi secondo un cronoprogramma a tappe definite:

- entro 18 mesi, si concluderanno le attività di verifica dei requisiti in capo agli utilizzatori degli immobili, delle attività e della coerenza delle stesse con quella prevista dal titolo originario di assegnazione e con il supporto di Aequa Roma si procederà alla verifica della regolarità contabile dei rapporti.

 

- entro 3 anni si concluderanno tutte le attività di ricognizione e regolarizzazione amministrativa, compresi i sopralluoghi e la redazione di una due diligence con il supporto della Società Risorse per Roma per le verifiche tecniche, urbanistiche, edilizie e catastali degli immobili.

 

Questo intervento consentirà di ricondurre gli immobili già reimmessi nel possesso dell’Amministrazione o da riassegnare in concessione alla corretta destinazione edilizia ed urbanistica, attività che potrà essere attivata anche per gli immobili attualmente utilizzati, di aggiornare i canoni e individuare eventuali lavori di manutenzione straordinaria.

 

Questa fase vedrà il coinvolgimento delle Direzioni Tecniche Municipali competenti per territorio e del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica.

 

Il provvedimento, tiene conto di misure di salvaguardia temporanee che contemplano il protrarsi delle misure straordinarie adottate dal Governo per l’emergenza epidemiologica da Covid-19, e delle esigenze di molte associazioni presenti sul territorio in immobili di proprietà capitolina che, in questo periodo, si sono attivate a favore della collettività, assicurando interventi di prima necessità a famiglie in difficoltà economica e sociale.

 

Infine, l’aggiornamento del cronoprogramma, nell’attesa di una ricognizione amministrativa e tecnica integrale, consentirà di salvaguardare il patrimonio scongiurando il rischio di occupazioni abusive oltre che il depauperamento e degrado degli immobili, scongiurando altri aggravi per le casse comunali anche causa di procedure contabili ed erariali.

 

L’emergenza sanitaria Covid-19 ha provocato delle criticità eccezionali di cui dobbiamo tenere conto, anche per assicurare che ogni fase di riacquisizione si svolga con certezza e celerità amministrativa, salvaguardando le realtà associative che soprattutto in questa fase hanno sostenuto famiglie e imprese e prevenendo potenziali problemi di disagio sociale e di ordine pubblico. L’impegno è portare avanti il procedimento di riordino nel più breve tempo possibile garantendo la continuità al lavoro di tanti operatori che offrono servizi dal forte valore sociale e culturale a beneficio della nostra comunità”, dichiara la sindaca di Roma Virginia Raggi.

 

Abbiamo approvato in Giunta la delibera che ridefinisce le linee di gestione del patrimonio capitolino in concessione. Vogliamo così garantire ai cittadini romani la continuità dei servizi presenti sul territorio erogati in immobili di Roma Capitale e lo vogliamo fare restituendo dignità alle tante realtà che li utilizzano ed hanno continuato a farlo negli anni, garantendo quanto previsto dall’assegnazione originaria dell’immobile. Superiamo il concetto alla base della famosa delibera 140 del 2015 adottata dalla Giunta Marino e la logica del recupero forzoso di tutti i beni con titolo scaduto o non perfezionato all’interno dei quali vengono svolte attività di mutualismo sociale, di sostegno alle famiglie più fragili, di servizi che con la pandemia si sono resi più che mai indispensabili per la nostra città, di attività culturali, di socializzazione, ma anche attività commerciali, che contribuiscono a mantenere viva la Capitale.

Queste realtà, purché in regola con il versamento del canone, potranno rimanere nei beni che stanno utilizzando e partecipare alle successive procedure di assegnazione. Con un atto che riconosce e tutela chi da anni svolge funzioni di interesse pubblico ed iniziative socio-culturali per la città, garantiamo la continuità dei servizi e il lavoro di tanti operatori che soprattutto in questo periodo, tra mille difficoltà, hanno permesso alla città di non spegnere la propria vocazione solidaristica e culturale. Allo stesso tempo continuerà l’attività di verifica e ricognizione degli uffici per aggiornare e mettere ordine al complesso sistema di titoli ed autorizzazioni, per decenni lasciati al completo abbandono o al soldo di miseri interessi di parte. Ripartiamo quindi con un supporto concreto a settori centrali e nevralgici per la vita della nostra comunità”, spiega l’Assessore al Patrimonio e Politiche Abitative di Roma Capitale, Valentina Vivarelli.

 




Tangenziale Est - Nuova Circonvallazione Interna. Rinnovato il divieto di transito notturno fino al 30 giugno 2021 dalle ore 23 alle ore 6

 

Con Ordinanza della Sindaca n. 264 del 31 dicembre 2020dal 1° gennaio al 30 giugno 2021 si dispone il divieto di transito veicolare, dalle ore 23.00 alle ore 6.00 su alcuni tratti della Tangenziale Est. 

 

Il provvedimento è stato adottato al fine di contenere l’inquinamento acustico e ambientale

Questi i tratti interdetti:

 

  1. a) sulla "Sopraelevata", carreggiate di scorrimento comprese tra viale Castrense altezza via Nola, Circonvallazione Tiburtina altezza largo Settimio Passamonti e via Prenestina altezza via Bartolomeo Colleoni;
  2. b) sulla Circonvallazione Salaria, tratto via delle Valli – via Nomentana.

 

Esentati dal divieto:

i veicoli muniti del contrassegno per persone disabili;

- i mezzi adibiti al trasporto disabili, le ambulanze, il trasporto di sangue e organi;

- il trasporto pubblico locale, i taxi, le autovetture a noleggio con conducente;

- i mezzi addetti alla pulizia delle strade;

- i veicoli del soccorso pubblico, quelli delle forze dell’ordine e della Polizia Locale di Roma Capitale.

- i veicoli adibiti alla sorveglianza e pronto intervento previsti dall’appalto denominato "Servizio di sorveglianza e di monitoraggio della rete stradale di Grande Viabilità di Roma Capitale - Lotto 3°: Opere d’arte di rilievo (ponti, gallerie, cavalcavia, sottovia, ecc.) in carico al Dipartimento SIMU ricadenti nei municipi da I al XV" sulla Tangenziale:

- sulla "Sopraelevata", nelle carreggiate di scorrimento comprese tra Viale Castrense altezza Via Nola, Circonvallazione Tiburtina altezza Largo Settimio Passamonti e Via prenestina altezza Via Bartolomeo Colleoni.

- sulla Circonvallazione Salaria, nel tratto tra Via delle Valli e Via Nomentana.





Nel Lazio da metà settembre a dicembre 20.523 casi Covid a scuola

 

Nel Lazio dal 15 settembre a dicembre ci sono stati 20.523 casi di Covid-19 nelle scuole, l’8,3% del totale di quelli notificati. 

“Dal 15 settembre al mese di dicembre sono stati nel Lazio 20.523 i casi di notifiche relativi alla sorveglianza scolastica pari all’ complessivamente”, ha comunicato l’Unità di crisi Covid-19 della Regione Lazio. “La settimana più alta – aggiunge la nota – è stata la 46esima dell’anno scorso. Di questi il 70,6% sono casi relativi a studenti e il 14,6% relativi al personale docente”. La fonte dei dati – si precisa – è il Sistema di sorveglianza SarS-Cov2 attraverso la piattaforma Ecv del servizio regionale di sorveglianza delle malattie infettive Seresmi – Spallanzani.

 





Veneto retata dei Carabinieri, manette per sette persone accusate a vario titolo di estorsioni, spaccio di droga e incendio doloso

 

I carabinieri di San Donà di Piave stanno eseguendo 7 misure cautelari a conclusione di un’inchiesta della Procura lagunare per incendi dolosi, estorsioni e spaccio di droga. All’ operazione sono impegnati anche i militari delle Compagnie di Portogruaro, Mestre e Chioggia e del 4/o Battaglione "Veneto" e delle unità cinofile del Nucleo di Torreglia (Padova).  Le indagini, alle quali ha contribuito il Ros, sono iniziate dopo due atti intimidatori a San Donà, a gennaio e settembre 2020, nel corso dei quali erano stati incendiati due furgoni di una ditta nel settore dell’assemblaggio di minuterie metalliche.  I carabinieri hanno, tra l’altro, raccolto gravi e concordanti indizi di colpevolezza a carico degli indagati, individuando in un 48enne l’esecutore materiale degli incendi e in un 55enne il mandante per un vecchio credito mai onorato.  L’estorsione ha visto coinvolti altri indagati responsabili di gravi e pressanti minacce alla vittima. Nel corso dell’indagine si è appurata, inoltre, la presenza di un’altra persona, sottoposta a richieste di estorsione per un mancato pagamento di una partita di droga. 





Furbetti del buono spesa (28) scoperti e denunciati dai Carabinieri nel catanese

I Carabinieri di Viagrande hanno denunciato 28 persone per le percezione illecita di buoni spesa per l’acquisto di generi alimentari, emessi dallo Stato allo scopo di fornire immediato ristoro agli indigenti per fare fronte all’emergenza Covid-19. I denunciati hanno tra i 25 e i 68 anni di età, sono residenti a Viagrande e Aci Bonaccorsi, e sono indagati dalla Procura di Catania per falsità in scrittura privata, rilascio di dichiarazioni mendaci, produzione di atti falsi e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.





Torino, giocattoli pericolosi da regalare all’Epifania sequestrati dalla Gdf

Sono oltre 800.000 i giocattoli potenzialmente pericolosi sequestrati dalla Guardia di Finanza a Torino nel corso di controlli svolti in prossimità dell’Epifania.  Il materiale è stato trovato in un maxi-emporio nel quartiere "Madonna di Campagna" del capoluogo piemontese. Oltre agli articoli destinati ai bambini (statuette riportanti la Befana, pupazzi e peluche di gnomi ed angeli, vari stickers recanti personaggi della Marvel, accessori per bambole), risultati privi del marchio CE ovvero con apposizione del contrassegno contraffatto, c’erano accessori d’abbigliamento e di articoli per la casa che riportavano la mendace indicazione merceologica di origine italiana, nonostante risultassero prodotti in Cina e da quel paese importati, per un totale complessivo di circa 2.000.000 di pezzi.  Tra i beni messi sotto sequestro vi sono anche macchine per il caffè tipo "Moka", articoli per cucitura e sartoria, casalinghi, tappetini, tutti corredati dal tricolore nazionale.  Contraffazione e frode in commercio sono i reati per i quali è stato denunciato il titolare dello store, un trentenne di origine asiatica. 




Sparatoria tra minori rom nell’alessandrino, due feriti gravi

 

Una sparatoria fra minorenni è avvenuta a Sale (Alessandria). Due ragazzi, secondo le prime notizie, sono rimasti feriti in modo grave. Uno è stato trasportato in ospedale ad Alessandria con mezzi propri.  Entrambi sarebbero nomadi. Sulla dinamica stanno indagando i carabinieri. 





Trasportava droga sul suo Tir, fermato ed arrestato dalla Gdf

 

Un corriere di droga, che la trasportava su un Tir, arrestato e circa sei chilogrammi di marijuana sequestrati dalla guardia di finanza del comando provinciale di Catania. E’ il bilancio di articolate attività d’indagine delegate dalla Procura della Repubblica alle Fiamme gialle del nucleo di Polizia economico - finanziaria di Catania. Durante l’operazione, con l’ausilio di una unità cinofila della compagnia Pronto impiego, in un’area di servizio della tangenziale di Catania è stato controllato un autoarticolato condotto da Christian Amato, di 27 anni, originario di Niscemi (CL), ma residente a Caltagirone (CT). Nel Tir, in un borsone da viaggio, la guardia di finanza ha trovato e sequestrato 5,8 kg di marijuana e arrestato il camionista ’corriere’. Secondo gli investigatori, la droga, che avrebbe avuto un valore commerciale di circa 60mila euro, era destinata al mercato clandestino di Catania. A conclusione dell’attività del nucleo Pef della Guardia di finanza, il Gip, su richiesta della Procura, ha convalidato l’arresto di Amato, disponendone la custodia ai domiciliari.





Matteo Messina Denaro, preso un presunto fiancheggiatore del super-boss di Cosa Nostra

 

Uno dei presunti favoreggiatori del boss latitante Matteo Messina Denaro è stato arrestato dai carabinieri di Trapani perchè deve scontare una pena a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa. Il provvedimento nei confronti di Gaspare Salvatore Gucciardi è stato emesso dal Tribunale di Marsala. Gucciardi era stato arrestato insieme ad altri esponenti mafiosi del trapanese nell’ambito del cosiddetto processo "Pionica" che si è concluso il 23 dicembre scorso con la condanna dell’imputato. I carabinieri lo hanno rintracciato nella sua abitazione. Secondo gli investigatori Gucciardi, appartenente alla famiglia mafiosa di Vita (Tp), avrebbe mantenuto un costante collegamento con gli altri affiliati veicolando informazioni riservate. Le indagini hanno inoltre accertato che avrebbe messo a disposizione un baglio di sua proprietà in località Chinea, tra Trapani e Salemi, dove si sarebbero svolti alcuni summit di mafia. Tra i reati contestati anche l’intestazione fittizia di beni, poi rivenduti, al fine di sottrarli alle misure di prevenzione patrimoniale, i cui proventi sarebbero stati messi a disposizione per sostenere economicamente la latitanza di Matteo Messina Denaro. 





Trump come l’ultimo combattente giapponese resiste nel bunker della Casa Bianca

 

"Non possiamo permettere che i democratici rubino anche il Senato" dopo i tentativi di rubare la Casa Bianca. "I democratici  non prenderanno questa Casa Bianca, ci batteremo". Lo afferma Donald Trump in Georgia a poche ore dai ballottaggi che decideranno chi fra i democratici e i repubblicani controllerà il Senato. La candidata Repubblicana ha già fatto sapere che in caso di vittoria si opporrà in Senato alla certificazione della vittoria di Biden.  "Elezioni truccate, non c’è verso che abbiamo perso". Questo l’attacco frontale portato da Donald Trump in Georgia, nell’ultimo comizio prima del voto per i ballottaggi. Si tratta di uno dei "ballottaggi piu’ importanti della storia. Tutto il mondo vi guarda", ha detto Trump ai sostenitori. "Spero che Mike Pence si schiererà con noi. E’ una brava persona, mi piace molto. Nelle ultime settimane abbiamo dimostrato di aver vinto le elezioni con una valanga" di voti, ha aggiunto Trump riferendosi al fatto che il vicepresidente presiederà il Congresso al processo per certificare il voto dei grandi elettori e che ha invece dichiarato di non voler aiutare il tycoon nella sua mossa contro Biden.





Locatelli (Cts): “Tasso di positività e ricoveri fanno scattare l’allerta”

 

"C’è ancora una circolazione sostenuta di Sars-Cov-2, che è la ragione per cui sono stati adottati dei provvedimenti. E’ chiaro che vedere una percentuale di tamponi positivi in risalita a due cifra deve allertare, così come la situazione dei posti letto nelle aree mediche e nella terapia intensiva. Tutto questo deve indirizzarci a tenere comportamenti rigorosi". Lo ha detto Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e membro del Cts, ai microfoni della trasmissione tv "Agorà".





In Italia vaccinati in 178.939, Regione Lazio prima della classe

 

Sono 178.939 le dosi di vaccino anti-Covid somministrate finora in Italia, secondo l’ultimo aggiornamento disponibile del report vaccini pubblicato sul portale del ministero della Salute. Ammontano a 108.132 le donne che si sono sottoposte alla vaccinazione e 70.807 gli uomini. Fra le Regioni, la percentuale più alta spetta al Lazio con il 63,3%, frutto delle 29.002 inoculazioni di antidoto Pfizer-BioNTech sulle 45.805 dosi consegnate. Sale all’11,4% la Lombardia. In coda Molise (1,7%) e Calabria 

 




Arcuri sui vaccini: “Non siamo in ritardo”

 

Il commissario Arcuri con una lettera al Corriere della Sera parla della situazione vaccini in Italia: "Non siamo in ritardo, abbiamo dosi sufficienti ma se ci fossero altri vaccini oltre a Pfizer sarebbe meglio". In arrivo la seconda tranche di vaccini da 470mila dosi. La Commissione Ue fa sapere di aver chiesto a Biontech altre dosi del vaccino, oltre quelle già concordate. Slitta a mercoledì la decisione dell’Ema sull’autorizzazione del vaccino di Moderna. Dilaga l’epidemia negli Usa: raggiunti i 20,8 milioni di contagi.





Anelli (Fnomceo): “Il vaccino è uno strumento potentissimo con effetti collaterali trascurabili”

“Per quanto riguarda i medici il fenomeno è assolutamente trascurabile. I no vax invece sono un problema da sempre. Per noi i no vax rappresentano la negazione della medicina nel momento in cui il vaccino viene messo in discussione. Il vaccino è uno strumento potentissimo, che ha effetti collaterali trascurabili. Il problema riguarda anche la disinformazione circolata attraverso i social, faccio riferimento a quella fandonia sull’autismo collegata al vaccino e poi smentita da tutte le autorità scientifiche”. Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli Odontoiatri (Fnomceo), è intervenuto all’interno del programma “L’imprenditore e gli altri” su Cusano Italia Tv. Sulla vaccinazione degli odontoiatri ha spiegato: “sicuramente i dentisti svolgono un’attività ad alto rischio. Nella prima fase di vaccinazione non sono stati compresi, abbiamo dovuto insistere col Ministero per allargare la vaccinazione anche a loro. Contiamo che nel giro dei prossimi due mesi tutti i medici siano vaccinati”. Sui ritardi nelle vaccinazioni. “Dobbiamo dire che abbiamo nelle mani un vaccino poco maneggevole, che prevede una sua complessità nella gestione. Poi c’è il problema dell’eccessiva burocratizzazione del nostro Paese. La questione principale è aumentare i punti di vaccinazione sul territorio. Medici e odontoiatri sono tutti disponibili a vaccinare”. Sull’impiego degli specializzandi per i vaccini, “è in atto una riflessione con i colleghi specializzandi. Sicuramente i medici sono tutti uguali, se fanno delle prestazioni hanno diritto ad una retribuzione. Io sto con gli specializzandi”, ha concluso.





Zingaretti: “Vaccino Reithera si mantiene tra 2 e 8 gradi. Orgoglio di aver sostenuto come Regione Lazio quella che era solo una scommessa”

 

“Arrivano i risultati della fase 1 del vaccino anti covid INMI Spallanzani/ReiThera. La ricerca e la scienza italiane, grazie alla loro forza, passione e dedizione contribuiranno a debellare questo dramma. Sono orgoglioso di aver sostenuto come Regione Lazio quella che era solo una scommessa”. Così il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, commentando i risultati della prima fase di sperimentazione del vaccino anti covid ReiThera sperimentato dallo Spallanzani. “Un vaccino anti covid monodose che si mantiene tra 2 e 8 gradi è qualcosa di rivoluzionario per far fronte alla grande domanda che viene dai cittadini!”




Amianto, lavoratori e tutele nell’era del coronavirus

 

 

L’amianto, detto anche asbesto, è un killer implacabile. Il Covid-19 si è insinuato nelle fragilità delle sue vittime, tra le quali coloro che sono stati esposti alle fibre dei minerali di amianto e, comunque, dei soggetti deboli. L’ONA, Osservatorio Nazionale Amianto, ha preso atto delle criticità fatte emergere in Italia dal Covid-19 per le tutele dei lavoratori nell’era del Coronavirus. La pandemia nel mettere in risalto alcune criticità del nostro sistema Paese ne ha anche evidenziato alcuni pregi, dovuti anche alla capacità di resilienza dimostrata in questi lunghi mesi. Durante il tredicesimo episodio di ONA TV, Massimo Maria Amorosini, giornalista e conduttore televisivo, ha trattato il tema del lavoro e delle tutele dei lavoratori nell’era del Coronavirus. Ospiti in studio, oltre all’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, anche il Prof. Avv. Gaetano Veneto, Professore Ordinario di diritto del lavoro presso l’Università di Bari, Presidente centro studi “Diritto dei Lavori” e componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’ONA, il Prof. Nicola De Marinis, Consigliere presso la Suprema Corte di Cassazione, il Prof. Avv. Giuseppe Pellacani, ordinario di diritto del lavoro presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, l’Avv. Emanuela Sborgia, avvocato penalista cts ONA.Nel corso della trasmissione Amorosini ha portato all’attenzione degli ospiti e del pubblico come le tutele dei lavoratori troppo spesso sono previste sulla carta ma purtroppo non nella realtà. L’ONA è da anni in prima linea con sedi in tutto il territorio nazionale per dare assistenza tecnica, medica e legale gratuita. “La pandemia Covid-19 non ha soltanto messo in ginocchio l’economia del Paese, ma ha anche seminato morte tra i lavoratori. Importante ricordare e ringraziare tutti quei lavoratori che durante il lockdownnon si sono mai fermati, mettendo a rischio la propria vita, per garantire continuità ai servizi dei cittadini.” Così Amorosini nel presentare la puntata prima di chiedere a Bonanni dei dati sull’incidenza del Covid-19 tra coloro che sono stati esposti ad amianto. I dati delle malattie asbesto correlate per il 2020 si rivelano, ancora, nella loro drammatica entità, di almeno 2.000 nuovi casi di mesotelioma, con un tasso di sopravvivenza nei 5 anni del solo 7%. Il mesotelioma è solo la punta dell’iceberg e, quindi, tenendo conto di tutte le altre malattie asbesto correlate, questo dato epidemiologico ci restituisce il quadro drammatico di una realtà con, almeno, 6.000 decessi nel corso del 2020. Questo dato non tiene conto di tutti gli altri casi in cui il decesso è stato provocato dal Covid-19, in soggetti già fragili, o perché già colpiti da malattia asbesto correlata, o perché, comunque, indeboliti dall’esposizione e dall’infiammazione che le fibre, comunque, provocano. In più, c’è il dato drammatico relativo al Covid-19 nel personale medico e paramedico, per il quale l’ONA e l’Avv. Ezio Bonanni hanno, da tempo, chiesto il riconoscimento dello status di vittima del dovere. Ciò in linea con le lucide osservazioni del Prof. Giuseppe Pellacani, che per primo lanciò l’allarme sulla necessità di una maggiore tutela in chiave preventiva del personale sanitario e del presidio indennitario risarcitorio. Ospite in studio anche il Prof. Gaetano Veneto, al quale Amorosini ha chiesto di illustrare le forme di tutela dei lavoratori e del loro diritto alla salute. Sulla base del quadro tracciato dalla nostra Costituzione, dallo Statuto dei Lavoratori e dal Dlgs. 81/2008, il Prof. Gaetano Veneto ha tracciato la panoramica generale dei diritti dei lavoratori. In primo luogo la salute, ma non si può sorvolare anche sul diritto alla formazione professionale e al mantenimento del posto di lavoro. Il Prof. Nicola De Marinis in trasmissione ha evidenziato che, in questo contesto pandemico, oltre all’emergenza amianto, c’è proprio quella delle vittime del Coronavirus. Il Covid-19 incide anche sull’economia e sulle capacità produttive. Il virus può colpire anche la dirigenza aziendale e, a maggior ragione, anche in assenza di una vera e propria responsabilità, proprio per la singolarità del caso. Con riferimento alla tutela risarcitoria, De Marinis ha ribadito che secondo gli orientamenti del Supremo Collegio il risarcimento del danno, deve essere integrale sulla base del criterio equitativo, che tenga conto delle diverse poste risarcitorie non duplicate. Il primo passo è quello dell’indennizzo INAIL, ovvero del riconoscimento della causa di servizioe, quindi, di una tutela che prescinda dall’affermazione di responsabilità e che è ancorata ai principi dell’art. 38 Cost.. Su questa tutela si innesta quella civilistico-risarcitoria, al netto, quindi, dell’indennizzo INAIL che deve essere scomputato in poste omogenee, in ciò, condividendo le tesi dell’ONA e dell’Avv. Ezio Bonanni. In questo contesto, come illustrato dal Consigliere De Marinis, pur tenendo conto delle tabelle del Tribunale di Milano, non si può prescindere dalla doverosa personalizzazione dell’entità dei danni, sulla base di ciò che è il concreto pregiudizio subito dalla vittima e, eventualmente dai suoi stretti congiunti. Non solo il danno biologico ma anche i c.d. danni morali, che si traducono nella sofferenza fisica ed interiore e per la lesione della dignità e per la radicale modificazione dei programmi e progetti di vita, che sono le ulteriori conseguenze della malattia professionale. In caso di morte, oltre ai danni tanatologici e catastrofali, ovvero legati all’agonia e al trapasso, sussistono anche quelli iure proprio dei familiari, ovvero di chi subisce, comunque, la perdita di un rapporto significativo, anch’essi meritevoli di integrale ristoro. Il Prof. Giuseppe Pellacani ha rimarcato che l’emergenza Covid-19 ha portato il blocco dei licenziamenti fino al 31.03.2021, con il rischio che ci sia, poi, un dramma della perdita di migliaia di posti di lavoro a partire dal 01.04.2021. Quindi, secondo Pellacani, è fondamentale una più articolata strutturazione degli ammortizzatori sociali, coniugati con politiche illuminate di incremento delle occasioni di nuovo lavoro anche al passo con i tempi. In più, c’è tutta una problematica legata alla protezione dei lavoratori dal rischio Covid-19. In particolare del personale medico e paramedico, esposto anche a causa dell’assenza di adeguati presidi, specialmente nel primo periodo. Anche la mancanza di un piano pandemico è stata rilevante e decisiva, ed ha moltiplicato il contagio proprio tra il personale sanitario, rendendo, quindi, di attualità l’obbligo di una maggiore attenzione nella protezione. Per i tanti sanitari che sono stati contagiati e per i familiari di quelli che sono deceduti, sono fondamentali le tutele. Oltre quelle dell’INAIL, deve essere loro riconosciuta la qualità di vittime del dovere. Questo riconoscimento è molto importante, perché costituirebbe un ristoro importante, in particolare, nei casi di decesso. Questo potrebbe diminuire il contenzioso e sanare una grave ferita dovuta alla ristrettezza delle risorse finanziarie di cui la sanità pubblica ha pagato un grave pegno a causa del Covid-19. Toccante la testimonianza dell’Avv. Emanuela Sborgia, avvocato penalista, componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’ONA, da anni impegnata nella battaglia in favore delle vittime dell’amianto. Purtroppo Sborgia è divenuta testimone diretta di che cosa vuol dire essere vittima. In questo caso, del Covid-19. La Sborgia ha testimoniato la vicenda che l’ha colpita direttamente con la malattia del padre, e, poi, di quella sua e della figlia. Suo papà, medico in pensione, è, purtroppo, una delle tante vittime di questa infame pandemia. Viene ricoverato alla fine di ottobre, presso il Policlinico Universitario di Bari, per uno shocksettico da cui è seguita una polmonite bilaterale. La professionalità dei medici e le cure somministrate hanno portato il Dott. Sborgia alla totale guarigione con dimissioni e ritorno a casa ma, dopo una settimana, lui, lei e sua figlia risultano positivi al covid 19. Le condizioni del medico, già con alcune malattie pregresse, ma soprattutto debilitato per la lunga malattia appena superata, peggiorano e si è costretti al suo ricovero. Questo si è verificato lo scorso 5 dicembre, e il prof Gianfranco Sborgia, stimato oculista e professore universitario in pensione,ha lottato con tutte le sue forze per non mollare. Ma, giovedì 17 dicembre, il suo cuore ha cessato di battere per le complicazioni insorte a seguito del contagio da Covid 19. Nella testimonianza della figlia il ricordo del padre e, allo stesso tempo, quella dei sanitari del Policlinico Universitario di Bari. Ma soprattutto le responsabilità del sistema della prevenzione e protezione dei soggetti a rischio che è stato minato dall’assenza del piano pandemico, e da altre criticità.

 

Ezio Bonanni





C’è la Carta nazionale delle aree giudicate idonee ad ospitare depositi di scorie nucleari

 

Poche ore fa, con il nulla osta del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, la Sogin ha pubblicato sul sito www.depositonazionale.it la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI), il progetto preliminare e tutti i documenti correlati alla realizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e del Parco Tecnologico, che permetterà di sistemare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività.

Un lavoro coordinato congiuntamente dai due ministeri, atteso da molti anni, che testimonia la forte assunzione di responsabilità da parte del governo su un tema, quello della gestione dei rifiuti radioattivi, che comporta anche per il Paese una procedura di infrazione europea: attualmente i rifiuti radioattivi sono stoccati in una ventina di siti provvisori, che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo.

La pubblicazione della Cnapi, con l’elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei (che non sono tutti equivalenti tra di essi ma presentano differenti gradi di priorità), di fatto dà l’avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all’esito della quale si terrà, nell’arco dei 4 mesi successivi, il seminario nazionale. Sarà questo l’avvio del dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, durante il quale saranno approfonditi tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere.

In base alle osservazioni e alla discussione nel Seminario Nazionale, Sogin aggiornerà la Cnapi, che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’ente di controllo Isin, del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. In base a questi pareri, il Ministero dello Sviluppo Economico convaliderà la versione definitiva della Carta, ovvero la Cnai, la Carta Nazionale delle Aree Idonee. La Cnai sarà il risultato dell’aggiornamento della Cnapi sulla base dei contributi emersi durante la consultazione pubblica. Sarà una procedura fortemente partecipata e trasparente, condotta coinvolgendo gli amministratori e i cittadini tutti, e al termine della quale potranno pervenire le candidature dei comuni.

Il deposito nazionale e il parco tecnologico saranno costruiti in un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al Parco. Il deposito avrà una struttura a matrioska: Nel dettaglio, all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno i rifiuti radioattivi già condizionati.

In totale circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività: si tratta dei rifiuti provenienti dal mondo civile e in special modo da quello medico e ospedaliero, dalle sostanze radioattive usate per la diagnosi clinica, per le terapie anti tumorali, ad esempio, da tutte quelle attività di medicina nucleare che costituiscono ormai il nostro quotidiano.

Le aree interessate dalla Cnapi sono il risultato di un complesso processo di selezione su scala nazionale svolto da Sogin in conformità ai criteri di localizzazione stabiliti dall’Isin, che ha permesso di scartare le aree che non soddisfacevano determinati requisiti di sicurezza per la tutela dell’uomo e dell’ambiente. Ai criteri di esclusione sono seguiti quelli di approfondimento, attraverso indagini e valutazioni specifiche sulle aree risultate non escluse.

Sul sito www.depositonazionale.it curato da Sogin, tutte le informazioni circa la localizzazione del sito, le caratteristiche dell’opera e del tipo di rifiuti che dovrà contenere.





Benucci (Confimprese Roma Area Metropolitana): “Troppi Dpcm e Decreti, le imprese hanno bisogno di certezze nell’immediato. Basta ristori con i soli Codici Ateco. Tutti sono stati colpiti dalla pandemia”

 

“Sarebbe stato meglio chiudere tutto fino a fine gennaio. Le incertezze del Governo. Le tensioni, la serie infinita di Dpcm e Decreti, hanno creato un clima di confusione sia tra i cittadini che soprattutto tra gli imprenditori. Deliberare norme che entrano in vigore in sole 24 ore è ai limiti della irresponsabilità. Tante attività commerciali si vedono costrette a rimodulare le attività in poche ore, ed insieme a loro i collaboratori e le loro famiglie.  Il comparto della ristorazione e dell’accoglienza è ormai al collasso. In una città come Roma, al pari di altre città storiche e d’arte, che hanno perso praticamente il 99% dei flussi turistici, le ultime decisioni prese dal Governo sono da condannare senza se e senza ma”.  E’ quanto dichiara in una nota la Presidente di Confimprese Roma Area Metropolitana Ida Benucci.

“Era stato detto che nelle cosiddette Regioni virtuose sarebbe stata presa in seria considerazione la sperimentazione di zone bianche,che avrebbero previsto la riapertura di cinema, teatri, musei, ristoranti, bar etc. Illusioni, parole messe lì per prendere tempo in attesa di chissà quale miracolo.  Oggi, purtroppo, ci troviamo ancora una volta a criticare le scelte prese da questo Governo, che non tengono assolutamente nel dovuto conto del peso economico e sociale di centinaia di migliaia di piccole e medie attività d’impresa. Quanto ai ristori, poi, siamo convinti che non sia più possibile sostenere come valida, la logica ferrea dei codici Ateco che il Governo ha avuto fino ad oggi come punto di riferimento.  Tutti, nel Paese sono penalizzati nessuno escluso e tutti dovranno avere il giusto rimborso sulla logica, certo, della perdita di fatturato. In ultimo - conclude la Presidente Benucci– sui vaccini. In attesa dell’arrivo delle centinaia di migliaia di dosi di vaccino, il Governo, il ministero della Salute, le Asl dei territori, dovrebbero organizzarsi per coinvolgere anche l’immenso settore della sanità privata di prossimità, parliamo dei laboratori d’analisi, piccoli e grandi, degli istituti religiosi che hanno piccoli ambulatori, le farmacie.  Una immensa rete che dia risposte, sollievo e certezze nel breve periodo, all’intera società italiana”.





Allarmante Rapporto di Save the Children. Rischio abbandono scolastico per migliaia di giovani adolescenti

 

Alla incerta vigilia della ripresa delle scuole, gli adolescenti che vivono e studiano nel nostro Paese tracciano un bilancio dei mesi di didattica a distanza che ha coinvolto oltre due milioni e mezzo di ragazze e ragazzi delle scuole superiori di secondo grado. Un quadro critico quello che emerge dagli studenti che fa suonare un campanello d’allarme sul rischio di dispersione scolastica. Il 28% degli studenti dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni (tra questi, un quarto ritiene che siano addirittura più di 3 i ragazzi che non partecipano più alle lezioni). Secondo gli adolescenti intervistati, tra le cause principali delle assenze dalla DAD, vi è la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo.

Difficoltà che sembrerebbero avere un duro impatto nella loro preparazione scolastica: più di uno studente su tre (35%) si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso. Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), in un caleidoscopio di sensazioni negative di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che per più di 1 su 5 rimangono un pesante fardello da tenersi dentro, senza condividerlo con nessuno (22%).

Questi alcuni dei dati emersi dall’indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta da IPSOS per Save the Children – l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per difendere i bambini a rischio e garantire loro un futuro - su un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni[1], che sono stati intervistati per comprendere le loro opinioni, stati d’animo e aspettative. Una voce, quella dei ragazzi e delle ragazze che mette in luce il vero impatto, spesso sottovalutato, della chiusura delle scuole e del loro funzionamento a singhiozzo. A partire dal fenomeno delle assenze prolungate che sono, di fatto l’anticamera della dispersione: dai dati raccolti, Save the Children stima che circa 34mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado[2] potrebbero aggiungersi a fine anno ai dispersi della scuola[3].

I ragazzi si sentono esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid, che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio, mentre il 42%  ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola.

Un “anno sprecato” per quasi un adolescente su due (46%), che, in ogni caso, nella costrizione di vivere in un mondo di incontri solo virtuali, ha fatto riscoprire a molti il valore della relazione “dal vivo” con i coetanei: anche se quasi un quarto degli adolescenti (23%) dichiara che, in questo anno di pandemia, ha capito che uscire non è poi così importante e che si possono mantenere le relazioni anche on line. Per contro, l’85% dei ragazzi intervistati afferma invece di aver capito quanto sia importante uscire con gli amici, andare fuori e relazionarsi “in presenza”. In un’età di cambiamento come quella dell’adolescenza, il tema delle relazioni personali è fondamentale e tra le “privazioni” che i ragazzi hanno sofferto di più, anche quella di non aver potuto vivere esperienze sentimentali importanti per la loro età (63%).

Stanchezza (31%), incertezza (17%) e preoccupazione (17%) sono i principali stati d’animo che hanno dichiarato di vivere gli adolescenti in questo periodo, ma anche disorientamento, apatia, tristezza e solitudine. E guardando al futuro, solo 1 su 4 pensa che “tornerà tutto come prima” (26%) e la stessa percentuale ritiene che “continueremo ad avere paura”, mentre il 43% vede l’esperienza che sta vivendo come uno spartiacque che sdogana, anche dopo il vaccino, il fatto che “staremo comunque insieme in modo diverso, più on line” (43%).

Alla politica il compito di fare delle scelte su questo futuro e i ragazzi sembrano essere particolarmente attenti e interessati: il 69% di loro, infatti, ha sentito in qualche modo parlare del Next Generation EU e una gran parte degli intervistati guarda con interesse alle possibilità che potrebbe offrire per il loro futuro, tanto da sperare che attraverso questo Fondo vengano incrementati i finanziamenti per l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani (30%) o la possibilità di studiare gratuitamente all’estero (17%) e all’università (17%). Riguardo alle priorità per il Paese su cui i giovani pensano si debba investire, emergono il lavoro (29%), la salute (21%) e la lotta alla povertà (19%) e l’ambiente (12%).

“Questo anno ha fortemente condizionato la vita di milioni di bambini e adolescenti e in particolare questi ultimi che hanno subito un allontanamento più lungo dalle aule scolastiche. Si sono ritrovati soli, in una condizione nuova e restrittiva a gestire scuola e relazioni a distanza e non tutti hanno resistito. I numeri ci confermano la preoccupazione profonda per il rischio di un’impennata nella dispersione scolastica: gli studenti hanno subito conseguenze significative dalla DAD che non sempre è stata efficace e che si sta lasciando alle spalle danni forse irreparabili”, afferma Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children. “È fondamentale agire subito con dei “ristori” anche per questi ragazzi, perché stanno perdendo non solo competenze ma soprattutto motivazione, allontanandosi velocemente dalla scuola e, con essa, dalle loro opportunità per costruirsi un futuro. Guardano alla politica con speranza e curiosità ed è ora che la politica sia all’altezza delle loro aspettative, utilizzando un fondo – Next Generation UE – che proprio alle nuove generazioni dovrebbe essere dedicato, per dare nuova linfa e impulso a combattere un orizzonte con poche prospettive, soprattutto per coloro che vivono in condizioni di difficoltà”.

Save the Children ha sin da subito lanciato un allarme in merito alla crescita esponenziale della povertà materiale ed educativa che ha colpito i bambini, le bambine e gli adolescenti che vivono nei contesti più svantaggiati, dove l’organizzazione opera con programmi di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica[4]. Le diseguaglianze già consolidate rischiano infatti di allargarsi fino ad escludere molti bambini e ragazzi. L’Istat[5] evidenzia che 1 bambino o ragazzo su 8 (il 12,3%) tra i 6 e i 17 anni, circa 850 mila giovanissimi, non ha a disposizione né pc né tablet, strumenti fondamentali per restare al passo della didattica a distanza (dati 2018-2019); nel Mezzogiorno questa quota sale fino a 1 minore su 5 (il 19%). Una quota molto alta di studenti 6-17enni, quasi la metà (il 45,4%, oltre 3 milioni 100 mila bambini e ragazzi) ha difficoltà con la didattica a distanza, a causa della carenza di strumenti informatici in famiglia, o perché questi risultano del tutto assenti o perché devono comunque condividerli con altri fratelli e/o sorelle, o comunque perché inferiori a quanto sarebbe necessario. Una quota del 39,7% degli studenti 6-17enni, infatti, vive in famiglie in cui sono presenti altri studenti che dovrebbero utilizzare le dotazioni tecnologiche in contemporanea per seguire le lezioni, ma non ne hanno a disposizione un numero sufficiente per tutti. A loro si aggiunge un’ulteriore quota del 5,7% che vive in famiglie in cui non sono presenti altri studenti, ma che non hanno alcuno strumento tecnologico a disposizione.

Alle difficoltà relative alla disponibilità degli strumenti tecnologici, si aggiunge il problema della disponibilità di spazi abitativi adeguati. Anche questo versante, infatti, rischia di amplificare notevolmente le differenze nel processo di apprendimento dei più giovani. Nel 2018, in Italia, ci dice l’Istat, oltre 4 minori su 10 (il 41,9%) vivevano in condizioni di sovraffollamento abitativo. Questo fattore, in un periodo di lockdown, di impossibilità di uscire di casa e di condivisione obbligata con il resto della famiglia del poco spazio a disposizione, incide notevolmente sulla capacità di bambini e ragazzi di concentrarsi sugli studi, di seguire con la dovuta attenzione le lezioni online, di poter fare i compiti con la debita tranquillità.

“In questa crisi troppo a lungo gli adolescenti sono rimasti invisibili. E, come dimostra anche il dibattito di queste ore sulla riapertura degli istituti, l’impatto prodotto su di loro dalla chiusura delle scuole è ancora gravemente sottovalutato. Corriamo il rischio che le lunghe assenze dalla scuola si trasformino in definitivo abbandono e che tante ragazze e ragazzi – in questa grave crisi economica – finiscano per ingrossare le fila del lavoro sfruttato. Non dimentichiamo che già nel 2019, prima della pandemia, in Italia un ragazzo su otto abbandonava la scuola con in tasca solo la licenza media. Dai territori più difficili dove operiamo ci giungono continui segnali di allarme, nonostante l’impegno di scuole ed educatori. È necessario riaprire subito le scuole in sicurezza con un’offerta educativa potenziata, soprattutto nei territori più difficili, per scongiurare un ulteriore allargamento delle diseguaglianze. Ed è necessario – come gli stessi ragazzi indicano – dedicare le risorse del Next Generation prioritariamente al futuro dei più giovani, con un forte e concreto investimento di lungo periodo sull’infrastruttura educativa, vera leva per lo sviluppo del Paese”, dichiara Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

L’Organizzazione, in questo frangente complesso, ha rimodulato le proprie attività per rimanere al fianco di bambini e adolescenti e delle loro famiglie, intercettando e rispondendo ai vecchi e ai nuovi bisogni che via via sono emersi nel corso della pandemia. Durante i 69 giorni di lockdown che da marzo a maggio hanno visto la serrata totale del Paese e il conseguente isolamento nelle case, il programma “Non da soli” ha fornito una risposta immediata all’emergenza, con attività mirate di supporto educativo, sostegno e tutoraggio per la didattica a distanza, consegna di tablet, connessioni e sostegno materiale (buoni spesa, prodotti per la prima infanzia, distribuzione di viveri e materiali scolastici) alle famiglie in difficoltà. Attraverso questo primissimo intervento, nel periodo della prima ondata di emergenza, Save the Children ha raggiunto oltre 75 mila bambini, bambine, famiglie e docenti in tutta Italia. 

In considerazione della gravità e complessità della situazione e delle ricadute anche nel medio e lungo periodo per il benessere e le condizioni di vita di bambini e ragazzi, l’Organizzazione ha deciso di elaborare ed impegnarsi in un programma organico di ampio respiro, “Riscriviamo il Futuro” che si snoda in un arco temporale di 15 mesi (da giugno 2020 a settembre 2021), per intervenire a cavallo di due degli anni scolastici tra i più complessi che gli studenti abbiano mai vissuto. Un programma che si è concentrato in particolare sul contrasto alla povertà educativa e sul supporto ai nuclei familiari più fragili dal punto di vista socio-economico e che ha raggiunto in sei mesi 58.843 bambine, bambini e adolescenti. Solo in questo arco di tempo, per supportare i minori che ancora avevano difficoltà con gli strumenti necessari alla DAD, sono stati distribuiti altri 1195 dispositivi tra tablet e connessioni internet. Sono 275 le scuole sostenute a vari livelli da interventi educativi e psicosociali mentre 3623 docenti hanno potuto usufruire di una formazione specifica per gestire questo particolare momento della didattica e della vita dei minori.

Casi Covid-19 a scuola, tra preoccupazione e colpevolizzazione

Approfondendo ulteriormente i dati della ricerca IPSOS, per quanto riguarda la presenza di casi di Coronavirus a scuola, più di 7 ragazzi su 10 riportano di casi positivi fra gli studenti e/o i docenti: in 4 casi su 10 si tratta di compagni di classe (41%), in 1 caso su 4 (26%) dei propri docenti. Nonostante la presenza di casi Covid a scuola fra studenti e/o docenti abbia generato preoccupazione nel 74% degli intervistati, i ragazzi positivi sono stati supportati dai compagni di classe nella stragrande maggioranza dei casi (82%); in qualche caso (14%), tuttavia, gli intervistati segnalano che i ragazzi contagiati si sono ripiegati su se stessi e in alcuni casi, anche se limitati (8%), purtroppo sono stati colpevolizzati dai compagni di classe.

Frequenza della DAD, assenze e preparazione scolastica

Secondo quanto affermano i ragazzi intervistati, sono previste in media circa 26 ore di DAD settimanali dagli istituti superiori. La totalità dei ragazzi intervistati sta frequentando le lezioni a distanza. Guardando alle assenze nell’ultimo mese, la stragrande maggioranza (86%) dei ragazzi ha fatto 1 o 2 assenze, ma 1 ragazzo su 14 (7%) ne ha collezionate 5 o più di 5. Problemi di connessione e copertura di rete (28%) e problemi di concentrazione durante le lezioni online (26%) i motivi principali che portano a non frequentare regolarmente le lezioni online. L’8% dichiara di aver fatto più assenze rispetto all’anno scorso, ma la percezione rispetto al trend dei propri compagni di classe è ben diversa: più di 7 ragazzi su 10 (72%) dicono di avere almeno un compagno che sta facendo più assenze rispetto allo scorso anno, un dato che sale in particolare tra i 16-18enni, con 75% contro 69% dei 14-15enni. Più di un ragazzo su 4 (28%) afferma che dal lockdown di primavera c’è almeno un proprio compagno di classe che ha smesso completamente di frequentare le lezioni, in particolare 1 su 3 al Centro Italia. Il 7% afferma che i compagni di scuola “dispersi” a partire dal lockdown sono tre o più di tre.

Più di 1 ragazzo su 3 (35%) ritiene che la propria preparazione scolastica sia peggiorata. Uno su 4 deve recuperare materie e, fra coloro che devono recuperare, il 23% ha 3 o più di tre materie insufficienti. Confrontando la propria performance di questo anno in termini di materie da recuperare, il 35% afferma di averne di più rispetto allo scorso anno, con ampie oscillazioni regionali: 44% al nord ovest e 26% al sud. Oscillazioni che si ripetono anche sulle diverse fasce d’età: ben 1 su 4 fra i ragazzi di 16-18 anni afferma di aver meno materie da recuperare a fronte di solo il 14% degli studenti di 14-15 anni.

Quasi 4 ragazzi su 10 ritengono che il periodo a casa da scuola stia avendo ripercussioni negative sulla propria capacità di studiare (37%) e (più di uno su 4) sul proprio rendimento scolastico (27%). Esiste, in ogni caso, un 16% di adolescenti che valuta invece positivamente le ripercussioni di questo periodo sulla propria capacità di studio (il dato sale al 18% tra i ragazzi tra i 16 e i 18 anni) e un 47% che non rileva un particolare impatto. Interrogati sui possibili interventi in ambito scolastico atti a recuperare sul piano educativo, si assiste ad una parcellizzazione delle preferenze dei ragazzi con la richiesta di una diversa modalità di fare didattica al primo posto (poco più di uno su quattro, 26%) insieme ad una maggior quota di ore di lezione in presenza, richiesta da poco meno di uno studente su quattro, il 24% degli intervistati (percentuale che sale al 30% fra i 14-15enni, per i quali rappresenta in assoluto la più citata vs 20% dei 16-18enni).

Didattica a distanza VS Didattica in presenza: cosa ne pensano i ragazzi

4 ragazzi su 10 (38%) bocciano l’esperienza con la DAD. In generale la principale difficoltà sperimentata nella fruizione della didattica a distanza è rappresentata dalla fatica a concentrarsi per seguire le lezioni online (citata da quasi un ragazzo su 2, 45%) e dai problemi tecnici dovuti alla connessione internet/copertura di rete propria o dei docenti (41 e 40% rispettivamente); seguono i problemi tecnici dovuti alla scarsa digitalizzazione dei docenti e la noia (33% ciascuno). Guardando alle dotazioni dei ragazzi, quasi 2 adolescenti su 10 (18%) dichiarano di aver a disposizione un dispositivo condiviso con altri e quasi uno su 10 (8%) si trova a frequentare le lezioni in una stanza con altre persone.

Più di 7 ragazzi su 10 (72%) ritengono che con la DAD sia più difficile imparare cose nuove e socializzare con i compagni. Quota di poco inferiore (68%) considera più difficile concentrarsi durante le lezioni e 1 su 2 (51%) ritiene infine che sia più difficile rispettare il programma scolastico. Non vi è accordo per quel che riguarda il confronto distanza/presenza sulla difficoltà di sostenere una interrogazione orale (il campione risulta più o meno equamente distribuito fra coloro che ritengono che con la DAD sia più facile/più difficile/uguale rispetto alla didattica in aula).

Quanto al modo di fare lezione, il giudizio dei ragazzi è particolarmente interessante. Oltre un terzo degli studenti, il 37%, afferma che la totalità dei propri insegnanti ha continuato a fare lezione allo stesso identico modo di prima, “come se fossimo in aula” invece che dietro ad uno schermo; il 44% sostiene che la maggior parte dei docenti si è comportata così, ma qualche insegnante ha introdotto delle novità; il 19% degli studenti afferma, invece, che la maggior parte dei suoi docenti ha sperimentato nuove modalità di insegnamento. Tra le novità introdotte, i ragazzi segnalano, nell’ordine, l’arricchimento delle lezioni con video e filmati (65%); l’utilizzo della modalità “asincrona”, lezioni digitali caricate dai docenti sulla piattaforma e poi liberamente fruibili dagli studenti (49%); l’impiego di esercizi interattivi, giochi didattici e test (40%); l’utilizzo di App (27%), e via così, fino ad arrivare ad uno sparuto 3% che ha visto i propri docenti cimentarsi anche nell’utilizzo di “giochi di ruolo”.

Ripercussioni della DAD sulla socialità: un anno sprecato

Anche la sfera della socialità risulta impattata negativamente dalla lontananza da scuola: per quasi 6 studenti su 10 (59%) la propria capacità di socializzare ha subito ripercussioni negative, così come il proprio umore/stato d’animo (57%) e una quota di non molto inferiore (52%), sostiene che le proprie amicizie siano state messe alla prova. Per il 18% anche le relazioni con i propri familiari sono peggiorate, anche se una percentuale quasi corrispondente (19%) registra invece un miglioramento delle relazioni familiari durante questo periodo di convivenza forzata (più tra il 16-18enni, 21% rispetto al 15% dei 14-16enni).

Quasi un ragazzo su 4 (24%) pensa che l’allontanamento da scuola stia avendo ripercussioni negative anche sulla propria salute.

Difficoltà anche sul fronte delle attività extrascolastiche, sospese per la maggior parte dei ragazzi che le praticavano: mediamente quasi 1 intervistato su 20 dichiara che non riprenderà più le attività che ha dovuto sospendere (sport individuale o di squadra, corsi di musica e canto, teatro, oratorio e altro).

Nonostante la stragrande maggioranza dei ragazzi sia stata portata a riflettere e riconoscere l’importanza dello stare insieme “fisicamente”, una quota non trascurabile (23%) afferma, invece, di aver capito in questo periodo che in realtà non è così importante uscire di casa perché grazie alle nuove tecnologie si può stare in contatto con le altre persone. L’assenza della fisicità (l’83% dei ragazzi riporta di aver visto i propri amici meno spesso di persona, percentuale che sale all’88% per i ragazzi di 14 e 15 anni) è stata sostituita infatti dalla digitalizzazione dei contatti (il 71% ha incrementato l’uso di Chat e messaggi ed il 50% di videocall).

Il rischio di aggravare il divario sociale con la DAD

La scuola è il luogo dove si apprende e dove si costruiscono relazioni significative con gli altri al di fuori della famiglia; è il luogo dove nascono le prime amicizie, che qualche volta accompagnano per tutta la vita; è il luogo dove si affrontano le prime sfide, le difficoltà, le vittorie su se stessi. Secondo l’ONU, la pandemia ha causato “la più grande interruzione dei sistemi educativi della storia, interessando quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 190 paesi in tutti i continenti”; secondo le stime, la chiusura delle scuole e degli altri spazi di apprendimento ha avuto un impatto sul 94% della popolazione studentesca mondiale. Anche i bambini, gli adolescenti e le famiglie si sono trovati a vivere un’epoca nuova: quella della didattica a distanza, delle lezioni filtrate dal monitor di un computer, dei compiti scaricati e inviati via email, dei gruppi studio whatsapp, della scuola dal tinello di casa. Non solo il precipitare improvviso nella didattica a distanza dovuto alla chiusura delle scuole, ma anche le misure adottate per garantire la sicurezza degli ambienti quando queste hanno riaperto, hanno cambiato il volto dell’istituzione scuola così come bambini e ragazzi la conoscevano. Un cambiamento così improvviso ha colto la comunità scolastica per molti versi impreparata.

Le perdite di apprendimento che derivano dalla chiusura delle scuole – afferma l’Organizzazione sulla base dei dati OCSE - getteranno ombre lunghe sul benessere economico degli individui e delle nazioni. Le persone che in futuro avranno meno competenze saranno meno in grado di partecipare alle attività economiche e sociali, più bisognose di ricevere trasferimenti sociali. A differenza dell’impatto economico diretto della pandemia, che sarà temporaneo, gli effetti della perdita degli apprendimenti rischiano invece di essere permanenti[6].

“Questo stato di incertezza grava pesantemente sui ragazzi e le ragazze, tagliati fuori da ogni forma di consultazione e di ascolto sulle scelte che li riguardano direttamente. Contrapporre Il diritto alla salute e quello all’educazione non può divenire un alibi per non investire tutte le risorse necessarie a garantire la riapertura delle scuole in piena sicurezza. Tenendo conto delle esigenze e delle peculiarità di ciascuna scuola, è necessario utilizzare lo strumento dei “Patti educativi di comunità”, per costruire un progetto educativo coerente con un lavoro di squadra tra istituzioni, scuole, università e istituti di ricerca, organizzazioni civiche e famiglie e, naturalmente, con la partecipazione attiva degli stessi bambini, bambine e ragazzi. Bisogna salvare l’anno scolastico in corso e programmare da subito anche un’estate ricca di opportunità educative, di socialità e di gioco gratuite per tutti i bambini e i ragazzi, a partire da quelli che stanno vivendo, con il black out scolastico, anche i drammatici effetti dell’impoverimento familiare. Per questo motivo, assieme alla rete di educAzioni, abbiamo chiesto al Governo un Piano straordinario per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che metta assieme, in modo organico, tutti gli interventi che vanno posti in essere per sostenere i minori nell’uscita dalla crisi, in campo educativo così come nel welfare, nella promozione della salute così come nella fruizione di spazi pubblici di socialità”, conclude Raffaela Milano.




Allarmante Rapporto di Save the Children. Rischio abbandono scolastico per migliaia di giovani adolescenti

 

Alla incerta vigilia della ripresa delle scuole, gli adolescenti che vivono e studiano nel nostro Paese tracciano un bilancio dei mesi di didattica a distanza che ha coinvolto oltre due milioni e mezzo di ragazze e ragazzi delle scuole superiori di secondo grado. Un quadro critico quello che emerge dagli studenti che fa suonare un campanello d’allarme sul rischio di dispersione scolastica. Il 28% degli studenti dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni (tra questi, un quarto ritiene che siano addirittura più di 3 i ragazzi che non partecipano più alle lezioni). Secondo gli adolescenti intervistati, tra le cause principali delle assenze dalla DAD, vi è la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo.

Difficoltà che sembrerebbero avere un duro impatto nella loro preparazione scolastica: più di uno studente su tre (35%) si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso. Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), in un caleidoscopio di sensazioni negative di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che per più di 1 su 5 rimangono un pesante fardello da tenersi dentro, senza condividerlo con nessuno (22%).

Questi alcuni dei dati emersi dall’indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta da IPSOS per Save the Children – l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per difendere i bambini a rischio e garantire loro un futuro - su un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni[1], che sono stati intervistati per comprendere le loro opinioni, stati d’animo e aspettative. Una voce, quella dei ragazzi e delle ragazze che mette in luce il vero impatto, spesso sottovalutato, della chiusura delle scuole e del loro funzionamento a singhiozzo. A partire dal fenomeno delle assenze prolungate che sono, di fatto l’anticamera della dispersione: dai dati raccolti, Save the Children stima che circa 34mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado[2] potrebbero aggiungersi a fine anno ai dispersi della scuola[3].

I ragazzi si sentono esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid, che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio, mentre il 42%  ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola.

Un “anno sprecato” per quasi un adolescente su due (46%), che, in ogni caso, nella costrizione di vivere in un mondo di incontri solo virtuali, ha fatto riscoprire a molti il valore della relazione “dal vivo” con i coetanei: anche se quasi un quarto degli adolescenti (23%) dichiara che, in questo anno di pandemia, ha capito che uscire non è poi così importante e che si possono mantenere le relazioni anche on line. Per contro, l’85% dei ragazzi intervistati afferma invece di aver capito quanto sia importante uscire con gli amici, andare fuori e relazionarsi “in presenza”. In un’età di cambiamento come quella dell’adolescenza, il tema delle relazioni personali è fondamentale e tra le “privazioni” che i ragazzi hanno sofferto di più, anche quella di non aver potuto vivere esperienze sentimentali importanti per la loro età (63%).

Stanchezza (31%), incertezza (17%) e preoccupazione (17%) sono i principali stati d’animo che hanno dichiarato di vivere gli adolescenti in questo periodo, ma anche disorientamento, apatia, tristezza e solitudine. E guardando al futuro, solo 1 su 4 pensa che “tornerà tutto come prima” (26%) e la stessa percentuale ritiene che “continueremo ad avere paura”, mentre il 43% vede l’esperienza che sta vivendo come uno spartiacque che sdogana, anche dopo il vaccino, il fatto che “staremo comunque insieme in modo diverso, più on line” (43%).

Alla politica il compito di fare delle scelte su questo futuro e i ragazzi sembrano essere particolarmente attenti e interessati: il 69% di loro, infatti, ha sentito in qualche modo parlare del Next Generation EU e una gran parte degli intervistati guarda con interesse alle possibilità che potrebbe offrire per il loro futuro, tanto da sperare che attraverso questo Fondo vengano incrementati i finanziamenti per l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani (30%) o la possibilità di studiare gratuitamente all’estero (17%) e all’università (17%). Riguardo alle priorità per il Paese su cui i giovani pensano si debba investire, emergono il lavoro (29%), la salute (21%) e la lotta alla povertà (19%) e l’ambiente (12%).

“Questo anno ha fortemente condizionato la vita di milioni di bambini e adolescenti e in particolare questi ultimi che hanno subito un allontanamento più lungo dalle aule scolastiche. Si sono ritrovati soli, in una condizione nuova e restrittiva a gestire scuola e relazioni a distanza e non tutti hanno resistito. I numeri ci confermano la preoccupazione profonda per il rischio di un’impennata nella dispersione scolastica: gli studenti hanno subito conseguenze significative dalla DAD che non sempre è stata efficace e che si sta lasciando alle spalle danni forse irreparabili”, afferma Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children. “È fondamentale agire subito con dei “ristori” anche per questi ragazzi, perché stanno perdendo non solo competenze ma soprattutto motivazione, allontanandosi velocemente dalla scuola e, con essa, dalle loro opportunità per costruirsi un futuro. Guardano alla politica con speranza e curiosità ed è ora che la politica sia all’altezza delle loro aspettative, utilizzando un fondo – Next Generation UE – che proprio alle nuove generazioni dovrebbe essere dedicato, per dare nuova linfa e impulso a combattere un orizzonte con poche prospettive, soprattutto per coloro che vivono in condizioni di difficoltà”.

Save the Children ha sin da subito lanciato un allarme in merito alla crescita esponenziale della povertà materiale ed educativa che ha colpito i bambini, le bambine e gli adolescenti che vivono nei contesti più svantaggiati, dove l’organizzazione opera con programmi di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica[4]. Le diseguaglianze già consolidate rischiano infatti di allargarsi fino ad escludere molti bambini e ragazzi. L’Istat[5] evidenzia che 1 bambino o ragazzo su 8 (il 12,3%) tra i 6 e i 17 anni, circa 850 mila giovanissimi, non ha a disposizione né pc né tablet, strumenti fondamentali per restare al passo della didattica a distanza (dati 2018-2019); nel Mezzogiorno questa quota sale fino a 1 minore su 5 (il 19%). Una quota molto alta di studenti 6-17enni, quasi la metà (il 45,4%, oltre 3 milioni 100 mila bambini e ragazzi) ha difficoltà con la didattica a distanza, a causa della carenza di strumenti informatici in famiglia, o perché questi risultano del tutto assenti o perché devono comunque condividerli con altri fratelli e/o sorelle, o comunque perché inferiori a quanto sarebbe necessario. Una quota del 39,7% degli studenti 6-17enni, infatti, vive in famiglie in cui sono presenti altri studenti che dovrebbero utilizzare le dotazioni tecnologiche in contemporanea per seguire le lezioni, ma non ne hanno a disposizione un numero sufficiente per tutti. A loro si aggiunge un’ulteriore quota del 5,7% che vive in famiglie in cui non sono presenti altri studenti, ma che non hanno alcuno strumento tecnologico a disposizione.

Alle difficoltà relative alla disponibilità degli strumenti tecnologici, si aggiunge il problema della disponibilità di spazi abitativi adeguati. Anche questo versante, infatti, rischia di amplificare notevolmente le differenze nel processo di apprendimento dei più giovani. Nel 2018, in Italia, ci dice l’Istat, oltre 4 minori su 10 (il 41,9%) vivevano in condizioni di sovraffollamento abitativo. Questo fattore, in un periodo di lockdown, di impossibilità di uscire di casa e di condivisione obbligata con il resto della famiglia del poco spazio a disposizione, incide notevolmente sulla capacità di bambini e ragazzi di concentrarsi sugli studi, di seguire con la dovuta attenzione le lezioni online, di poter fare i compiti con la debita tranquillità.

“In questa crisi troppo a lungo gli adolescenti sono rimasti invisibili. E, come dimostra anche il dibattito di queste ore sulla riapertura degli istituti, l’impatto prodotto su di loro dalla chiusura delle scuole è ancora gravemente sottovalutato. Corriamo il rischio che le lunghe assenze dalla scuola si trasformino in definitivo abbandono e che tante ragazze e ragazzi – in questa grave crisi economica – finiscano per ingrossare le fila del lavoro sfruttato. Non dimentichiamo che già nel 2019, prima della pandemia, in Italia un ragazzo su otto abbandonava la scuola con in tasca solo la licenza media. Dai territori più difficili dove operiamo ci giungono continui segnali di allarme, nonostante l’impegno di scuole ed educatori. È necessario riaprire subito le scuole in sicurezza con un’offerta educativa potenziata, soprattutto nei territori più difficili, per scongiurare un ulteriore allargamento delle diseguaglianze. Ed è necessario – come gli stessi ragazzi indicano – dedicare le risorse del Next Generation prioritariamente al futuro dei più giovani, con un forte e concreto investimento di lungo periodo sull’infrastruttura educativa, vera leva per lo sviluppo del Paese”, dichiara Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

L’Organizzazione, in questo frangente complesso, ha rimodulato le proprie attività per rimanere al fianco di bambini e adolescenti e delle loro famiglie, intercettando e rispondendo ai vecchi e ai nuovi bisogni che via via sono emersi nel corso della pandemia. Durante i 69 giorni di lockdown che da marzo a maggio hanno visto la serrata totale del Paese e il conseguente isolamento nelle case, il programma “Non da soli” ha fornito una risposta immediata all’emergenza, con attività mirate di supporto educativo, sostegno e tutoraggio per la didattica a distanza, consegna di tablet, connessioni e sostegno materiale (buoni spesa, prodotti per la prima infanzia, distribuzione di viveri e materiali scolastici) alle famiglie in difficoltà. Attraverso questo primissimo intervento, nel periodo della prima ondata di emergenza, Save the Children ha raggiunto oltre 75 mila bambini, bambine, famiglie e docenti in tutta Italia. 

In considerazione della gravità e complessità della situazione e delle ricadute anche nel medio e lungo periodo per il benessere e le condizioni di vita di bambini e ragazzi, l’Organizzazione ha deciso di elaborare ed impegnarsi in un programma organico di ampio respiro, “Riscriviamo il Futuro” che si snoda in un arco temporale di 15 mesi (da giugno 2020 a settembre 2021), per intervenire a cavallo di due degli anni scolastici tra i più complessi che gli studenti abbiano mai vissuto. Un programma che si è concentrato in particolare sul contrasto alla povertà educativa e sul supporto ai nuclei familiari più fragili dal punto di vista socio-economico e che ha raggiunto in sei mesi 58.843 bambine, bambini e adolescenti. Solo in questo arco di tempo, per supportare i minori che ancora avevano difficoltà con gli strumenti necessari alla DAD, sono stati distribuiti altri 1195 dispositivi tra tablet e connessioni internet. Sono 275 le scuole sostenute a vari livelli da interventi educativi e psicosociali mentre 3623 docenti hanno potuto usufruire di una formazione specifica per gestire questo particolare momento della didattica e della vita dei minori.

Casi Covid-19 a scuola, tra preoccupazione e colpevolizzazione

Approfondendo ulteriormente i dati della ricerca IPSOS, per quanto riguarda la presenza di casi di Coronavirus a scuola, più di 7 ragazzi su 10 riportano di casi positivi fra gli studenti e/o i docenti: in 4 casi su 10 si tratta di compagni di classe (41%), in 1 caso su 4 (26%) dei propri docenti. Nonostante la presenza di casi Covid a scuola fra studenti e/o docenti abbia generato preoccupazione nel 74% degli intervistati, i ragazzi positivi sono stati supportati dai compagni di classe nella stragrande maggioranza dei casi (82%); in qualche caso (14%), tuttavia, gli intervistati segnalano che i ragazzi contagiati si sono ripiegati su se stessi e in alcuni casi, anche se limitati (8%), purtroppo sono stati colpevolizzati dai compagni di classe.

Frequenza della DAD, assenze e preparazione scolastica

Secondo quanto affermano i ragazzi intervistati, sono previste in media circa 26 ore di DAD settimanali dagli istituti superiori. La totalità dei ragazzi intervistati sta frequentando le lezioni a distanza. Guardando alle assenze nell’ultimo mese, la stragrande maggioranza (86%) dei ragazzi ha fatto 1 o 2 assenze, ma 1 ragazzo su 14 (7%) ne ha collezionate 5 o più di 5. Problemi di connessione e copertura di rete (28%) e problemi di concentrazione durante le lezioni online (26%) i motivi principali che portano a non frequentare regolarmente le lezioni online. L’8% dichiara di aver fatto più assenze rispetto all’anno scorso, ma la percezione rispetto al trend dei propri compagni di classe è ben diversa: più di 7 ragazzi su 10 (72%) dicono di avere almeno un compagno che sta facendo più assenze rispetto allo scorso anno, un dato che sale in particolare tra i 16-18enni, con 75% contro 69% dei 14-15enni. Più di un ragazzo su 4 (28%) afferma che dal lockdown di primavera c’è almeno un proprio compagno di classe che ha smesso completamente di frequentare le lezioni, in particolare 1 su 3 al Centro Italia. Il 7% afferma che i compagni di scuola “dispersi” a partire dal lockdown sono tre o più di tre.

Più di 1 ragazzo su 3 (35%) ritiene che la propria preparazione scolastica sia peggiorata. Uno su 4 deve recuperare materie e, fra coloro che devono recuperare, il 23% ha 3 o più di tre materie insufficienti. Confrontando la propria performance di questo anno in termini di materie da recuperare, il 35% afferma di averne di più rispetto allo scorso anno, con ampie oscillazioni regionali: 44% al nord ovest e 26% al sud. Oscillazioni che si ripetono anche sulle diverse fasce d’età: ben 1 su 4 fra i ragazzi di 16-18 anni afferma di aver meno materie da recuperare a fronte di solo il 14% degli studenti di 14-15 anni.

Quasi 4 ragazzi su 10 ritengono che il periodo a casa da scuola stia avendo ripercussioni negative sulla propria capacità di studiare (37%) e (più di uno su 4) sul proprio rendimento scolastico (27%). Esiste, in ogni caso, un 16% di adolescenti che valuta invece positivamente le ripercussioni di questo periodo sulla propria capacità di studio (il dato sale al 18% tra i ragazzi tra i 16 e i 18 anni) e un 47% che non rileva un particolare impatto. Interrogati sui possibili interventi in ambito scolastico atti a recuperare sul piano educativo, si assiste ad una parcellizzazione delle preferenze dei ragazzi con la richiesta di una diversa modalità di fare didattica al primo posto (poco più di uno su quattro, 26%) insieme ad una maggior quota di ore di lezione in presenza, richiesta da poco meno di uno studente su quattro, il 24% degli intervistati (percentuale che sale al 30% fra i 14-15enni, per i quali rappresenta in assoluto la più citata vs 20% dei 16-18enni).

Didattica a distanza VS Didattica in presenza: cosa ne pensano i ragazzi

4 ragazzi su 10 (38%) bocciano l’esperienza con la DAD. In generale la principale difficoltà sperimentata nella fruizione della didattica a distanza è rappresentata dalla fatica a concentrarsi per seguire le lezioni online (citata da quasi un ragazzo su 2, 45%) e dai problemi tecnici dovuti alla connessione internet/copertura di rete propria o dei docenti (41 e 40% rispettivamente); seguono i problemi tecnici dovuti alla scarsa digitalizzazione dei docenti e la noia (33% ciascuno). Guardando alle dotazioni dei ragazzi, quasi 2 adolescenti su 10 (18%) dichiarano di aver a disposizione un dispositivo condiviso con altri e quasi uno su 10 (8%) si trova a frequentare le lezioni in una stanza con altre persone.

Più di 7 ragazzi su 10 (72%) ritengono che con la DAD sia più difficile imparare cose nuove e socializzare con i compagni. Quota di poco inferiore (68%) considera più difficile concentrarsi durante le lezioni e 1 su 2 (51%) ritiene infine che sia più difficile rispettare il programma scolastico. Non vi è accordo per quel che riguarda il confronto distanza/presenza sulla difficoltà di sostenere una interrogazione orale (il campione risulta più o meno equamente distribuito fra coloro che ritengono che con la DAD sia più facile/più difficile/uguale rispetto alla didattica in aula).

Quanto al modo di fare lezione, il giudizio dei ragazzi è particolarmente interessante. Oltre un terzo degli studenti, il 37%, afferma che la totalità dei propri insegnanti ha continuato a fare lezione allo stesso identico modo di prima, “come se fossimo in aula” invece che dietro ad uno schermo; il 44% sostiene che la maggior parte dei docenti si è comportata così, ma qualche insegnante ha introdotto delle novità; il 19% degli studenti afferma, invece, che la maggior parte dei suoi docenti ha sperimentato nuove modalità di insegnamento. Tra le novità introdotte, i ragazzi segnalano, nell’ordine, l’arricchimento delle lezioni con video e filmati (65%); l’utilizzo della modalità “asincrona”, lezioni digitali caricate dai docenti sulla piattaforma e poi liberamente fruibili dagli studenti (49%); l’impiego di esercizi interattivi, giochi didattici e test (40%); l’utilizzo di App (27%), e via così, fino ad arrivare ad uno sparuto 3% che ha visto i propri docenti cimentarsi anche nell’utilizzo di “giochi di ruolo”.

Ripercussioni della DAD sulla socialità: un anno sprecato

Anche la sfera della socialità risulta impattata negativamente dalla lontananza da scuola: per quasi 6 studenti su 10 (59%) la propria capacità di socializzare ha subito ripercussioni negative, così come il proprio umore/stato d’animo (57%) e una quota di non molto inferiore (52%), sostiene che le proprie amicizie siano state messe alla prova. Per il 18% anche le relazioni con i propri familiari sono peggiorate, anche se una percentuale quasi corrispondente (19%) registra invece un miglioramento delle relazioni familiari durante questo periodo di convivenza forzata (più tra il 16-18enni, 21% rispetto al 15% dei 14-16enni).

Quasi un ragazzo su 4 (24%) pensa che l’allontanamento da scuola stia avendo ripercussioni negative anche sulla propria salute.

Difficoltà anche sul fronte delle attività extrascolastiche, sospese per la maggior parte dei ragazzi che le praticavano: mediamente quasi 1 intervistato su 20 dichiara che non riprenderà più le attività che ha dovuto sospendere (sport individuale o di squadra, corsi di musica e canto, teatro, oratorio e altro).

Nonostante la stragrande maggioranza dei ragazzi sia stata portata a riflettere e riconoscere l’importanza dello stare insieme “fisicamente”, una quota non trascurabile (23%) afferma, invece, di aver capito in questo periodo che in realtà non è così importante uscire di casa perché grazie alle nuove tecnologie si può stare in contatto con le altre persone. L’assenza della fisicità (l’83% dei ragazzi riporta di aver visto i propri amici meno spesso di persona, percentuale che sale all’88% per i ragazzi di 14 e 15 anni) è stata sostituita infatti dalla digitalizzazione dei contatti (il 71% ha incrementato l’uso di Chat e messaggi ed il 50% di videocall).

Il rischio di aggravare il divario sociale con la DAD

La scuola è il luogo dove si apprende e dove si costruiscono relazioni significative con gli altri al di fuori della famiglia; è il luogo dove nascono le prime amicizie, che qualche volta accompagnano per tutta la vita; è il luogo dove si affrontano le prime sfide, le difficoltà, le vittorie su se stessi. Secondo l’ONU, la pandemia ha causato “la più grande interruzione dei sistemi educativi della storia, interessando quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 190 paesi in tutti i continenti”; secondo le stime, la chiusura delle scuole e degli altri spazi di apprendimento ha avuto un impatto sul 94% della popolazione studentesca mondiale. Anche i bambini, gli adolescenti e le famiglie si sono trovati a vivere un’epoca nuova: quella della didattica a distanza, delle lezioni filtrate dal monitor di un computer, dei compiti scaricati e inviati via email, dei gruppi studio whatsapp, della scuola dal tinello di casa. Non solo il precipitare improvviso nella didattica a distanza dovuto alla chiusura delle scuole, ma anche le misure adottate per garantire la sicurezza degli ambienti quando queste hanno riaperto, hanno cambiato il volto dell’istituzione scuola così come bambini e ragazzi la conoscevano. Un cambiamento così improvviso ha colto la comunità scolastica per molti versi impreparata.

Le perdite di apprendimento che derivano dalla chiusura delle scuole – afferma l’Organizzazione sulla base dei dati OCSE - getteranno ombre lunghe sul benessere economico degli individui e delle nazioni. Le persone che in futuro avranno meno competenze saranno meno in grado di partecipare alle attività economiche e sociali, più bisognose di ricevere trasferimenti sociali. A differenza dell’impatto economico diretto della pandemia, che sarà temporaneo, gli effetti della perdita degli apprendimenti rischiano invece di essere permanenti[6].

“Questo stato di incertezza grava pesantemente sui ragazzi e le ragazze, tagliati fuori da ogni forma di consultazione e di ascolto sulle scelte che li riguardano direttamente. Contrapporre Il diritto alla salute e quello all’educazione non può divenire un alibi per non investire tutte le risorse necessarie a garantire la riapertura delle scuole in piena sicurezza. Tenendo conto delle esigenze e delle peculiarità di ciascuna scuola, è necessario utilizzare lo strumento dei “Patti educativi di comunità”, per costruire un progetto educativo coerente con un lavoro di squadra tra istituzioni, scuole, università e istituti di ricerca, organizzazioni civiche e famiglie e, naturalmente, con la partecipazione attiva degli stessi bambini, bambine e ragazzi. Bisogna salvare l’anno scolastico in corso e programmare da subito anche un’estate ricca di opportunità educative, di socialità e di gioco gratuite per tutti i bambini e i ragazzi, a partire da quelli che stanno vivendo, con il black out scolastico, anche i drammatici effetti dell’impoverimento familiare. Per questo motivo, assieme alla rete di educAzioni, abbiamo chiesto al Governo un Piano straordinario per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che metta assieme, in modo organico, tutti gli interventi che vanno posti in essere per sostenere i minori nell’uscita dalla crisi, in campo educativo così come nel welfare, nella promozione della salute così come nella fruizione di spazi pubblici di socialità”, conclude Raffaela Milano.





Allarmante Rapporto di Save the Children. Rischio abbandono scolastico per migliaia di giovani adolescenti

 

Alla incerta vigilia della ripresa delle scuole, gli adolescenti che vivono e studiano nel nostro Paese tracciano un bilancio dei mesi di didattica a distanza che ha coinvolto oltre due milioni e mezzo di ragazze e ragazzi delle scuole superiori di secondo grado. Un quadro critico quello che emerge dagli studenti che fa suonare un campanello d’allarme sul rischio di dispersione scolastica. Il 28% degli studenti dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni (tra questi, un quarto ritiene che siano addirittura più di 3 i ragazzi che non partecipano più alle lezioni). Secondo gli adolescenti intervistati, tra le cause principali delle assenze dalla DAD, vi è la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo.

Difficoltà che sembrerebbero avere un duro impatto nella loro preparazione scolastica: più di uno studente su tre (35%) si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso. Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), in un caleidoscopio di sensazioni negative di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che per più di 1 su 5 rimangono un pesante fardello da tenersi dentro, senza condividerlo con nessuno (22%).

Questi alcuni dei dati emersi dall’indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta da IPSOS per Save the Children – l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per difendere i bambini a rischio e garantire loro un futuro - su un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni[1], che sono stati intervistati per comprendere le loro opinioni, stati d’animo e aspettative. Una voce, quella dei ragazzi e delle ragazze che mette in luce il vero impatto, spesso sottovalutato, della chiusura delle scuole e del loro funzionamento a singhiozzo. A partire dal fenomeno delle assenze prolungate che sono, di fatto l’anticamera della dispersione: dai dati raccolti, Save the Children stima che circa 34mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado[2] potrebbero aggiungersi a fine anno ai dispersi della scuola[3].

I ragazzi si sentono esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid, che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio, mentre il 42%  ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola.

Un “anno sprecato” per quasi un adolescente su due (46%), che, in ogni caso, nella costrizione di vivere in un mondo di incontri solo virtuali, ha fatto riscoprire a molti il valore della relazione “dal vivo” con i coetanei: anche se quasi un quarto degli adolescenti (23%) dichiara che, in questo anno di pandemia, ha capito che uscire non è poi così importante e che si possono mantenere le relazioni anche on line. Per contro, l’85% dei ragazzi intervistati afferma invece di aver capito quanto sia importante uscire con gli amici, andare fuori e relazionarsi “in presenza”. In un’età di cambiamento come quella dell’adolescenza, il tema delle relazioni personali è fondamentale e tra le “privazioni” che i ragazzi hanno sofferto di più, anche quella di non aver potuto vivere esperienze sentimentali importanti per la loro età (63%).

Stanchezza (31%), incertezza (17%) e preoccupazione (17%) sono i principali stati d’animo che hanno dichiarato di vivere gli adolescenti in questo periodo, ma anche disorientamento, apatia, tristezza e solitudine. E guardando al futuro, solo 1 su 4 pensa che “tornerà tutto come prima” (26%) e la stessa percentuale ritiene che “continueremo ad avere paura”, mentre il 43% vede l’esperienza che sta vivendo come uno spartiacque che sdogana, anche dopo il vaccino, il fatto che “staremo comunque insieme in modo diverso, più on line” (43%).

Alla politica il compito di fare delle scelte su questo futuro e i ragazzi sembrano essere particolarmente attenti e interessati: il 69% di loro, infatti, ha sentito in qualche modo parlare del Next Generation EU e una gran parte degli intervistati guarda con interesse alle possibilità che potrebbe offrire per il loro futuro, tanto da sperare che attraverso questo Fondo vengano incrementati i finanziamenti per l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani (30%) o la possibilità di studiare gratuitamente all’estero (17%) e all’università (17%). Riguardo alle priorità per il Paese su cui i giovani pensano si debba investire, emergono il lavoro (29%), la salute (21%) e la lotta alla povertà (19%) e l’ambiente (12%).

“Questo anno ha fortemente condizionato la vita di milioni di bambini e adolescenti e in particolare questi ultimi che hanno subito un allontanamento più lungo dalle aule scolastiche. Si sono ritrovati soli, in una condizione nuova e restrittiva a gestire scuola e relazioni a distanza e non tutti hanno resistito. I numeri ci confermano la preoccupazione profonda per il rischio di un’impennata nella dispersione scolastica: gli studenti hanno subito conseguenze significative dalla DAD che non sempre è stata efficace e che si sta lasciando alle spalle danni forse irreparabili”, afferma Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children. “È fondamentale agire subito con dei “ristori” anche per questi ragazzi, perché stanno perdendo non solo competenze ma soprattutto motivazione, allontanandosi velocemente dalla scuola e, con essa, dalle loro opportunità per costruirsi un futuro. Guardano alla politica con speranza e curiosità ed è ora che la politica sia all’altezza delle loro aspettative, utilizzando un fondo – Next Generation UE – che proprio alle nuove generazioni dovrebbe essere dedicato, per dare nuova linfa e impulso a combattere un orizzonte con poche prospettive, soprattutto per coloro che vivono in condizioni di difficoltà”.

Save the Children ha sin da subito lanciato un allarme in merito alla crescita esponenziale della povertà materiale ed educativa che ha colpito i bambini, le bambine e gli adolescenti che vivono nei contesti più svantaggiati, dove l’organizzazione opera con programmi di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica[4]. Le diseguaglianze già consolidate rischiano infatti di allargarsi fino ad escludere molti bambini e ragazzi. L’Istat[5] evidenzia che 1 bambino o ragazzo su 8 (il 12,3%) tra i 6 e i 17 anni, circa 850 mila giovanissimi, non ha a disposizione né pc né tablet, strumenti fondamentali per restare al passo della didattica a distanza (dati 2018-2019); nel Mezzogiorno questa quota sale fino a 1 minore su 5 (il 19%). Una quota molto alta di studenti 6-17enni, quasi la metà (il 45,4%, oltre 3 milioni 100 mila bambini e ragazzi) ha difficoltà con la didattica a distanza, a causa della carenza di strumenti informatici in famiglia, o perché questi risultano del tutto assenti o perché devono comunque condividerli con altri fratelli e/o sorelle, o comunque perché inferiori a quanto sarebbe necessario. Una quota del 39,7% degli studenti 6-17enni, infatti, vive in famiglie in cui sono presenti altri studenti che dovrebbero utilizzare le dotazioni tecnologiche in contemporanea per seguire le lezioni, ma non ne hanno a disposizione un numero sufficiente per tutti. A loro si aggiunge un’ulteriore quota del 5,7% che vive in famiglie in cui non sono presenti altri studenti, ma che non hanno alcuno strumento tecnologico a disposizione.

Alle difficoltà relative alla disponibilità degli strumenti tecnologici, si aggiunge il problema della disponibilità di spazi abitativi adeguati. Anche questo versante, infatti, rischia di amplificare notevolmente le differenze nel processo di apprendimento dei più giovani. Nel 2018, in Italia, ci dice l’Istat, oltre 4 minori su 10 (il 41,9%) vivevano in condizioni di sovraffollamento abitativo. Questo fattore, in un periodo di lockdown, di impossibilità di uscire di casa e di condivisione obbligata con il resto della famiglia del poco spazio a disposizione, incide notevolmente sulla capacità di bambini e ragazzi di concentrarsi sugli studi, di seguire con la dovuta attenzione le lezioni online, di poter fare i compiti con la debita tranquillità.

“In questa crisi troppo a lungo gli adolescenti sono rimasti invisibili. E, come dimostra anche il dibattito di queste ore sulla riapertura degli istituti, l’impatto prodotto su di loro dalla chiusura delle scuole è ancora gravemente sottovalutato. Corriamo il rischio che le lunghe assenze dalla scuola si trasformino in definitivo abbandono e che tante ragazze e ragazzi – in questa grave crisi economica – finiscano per ingrossare le fila del lavoro sfruttato. Non dimentichiamo che già nel 2019, prima della pandemia, in Italia un ragazzo su otto abbandonava la scuola con in tasca solo la licenza media. Dai territori più difficili dove operiamo ci giungono continui segnali di allarme, nonostante l’impegno di scuole ed educatori. È necessario riaprire subito le scuole in sicurezza con un’offerta educativa potenziata, soprattutto nei territori più difficili, per scongiurare un ulteriore allargamento delle diseguaglianze. Ed è necessario – come gli stessi ragazzi indicano – dedicare le risorse del Next Generation prioritariamente al futuro dei più giovani, con un forte e concreto investimento di lungo periodo sull’infrastruttura educativa, vera leva per lo sviluppo del Paese”, dichiara Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

L’Organizzazione, in questo frangente complesso, ha rimodulato le proprie attività per rimanere al fianco di bambini e adolescenti e delle loro famiglie, intercettando e rispondendo ai vecchi e ai nuovi bisogni che via via sono emersi nel corso della pandemia. Durante i 69 giorni di lockdown che da marzo a maggio hanno visto la serrata totale del Paese e il conseguente isolamento nelle case, il programma “Non da soli” ha fornito una risposta immediata all’emergenza, con attività mirate di supporto educativo, sostegno e tutoraggio per la didattica a distanza, consegna di tablet, connessioni e sostegno materiale (buoni spesa, prodotti per la prima infanzia, distribuzione di viveri e materiali scolastici) alle famiglie in difficoltà. Attraverso questo primissimo intervento, nel periodo della prima ondata di emergenza, Save the Children ha raggiunto oltre 75 mila bambini, bambine, famiglie e docenti in tutta Italia. 

In considerazione della gravità e complessità della situazione e delle ricadute anche nel medio e lungo periodo per il benessere e le condizioni di vita di bambini e ragazzi, l’Organizzazione ha deciso di elaborare ed impegnarsi in un programma organico di ampio respiro, “Riscriviamo il Futuro” che si snoda in un arco temporale di 15 mesi (da giugno 2020 a settembre 2021), per intervenire a cavallo di due degli anni scolastici tra i più complessi che gli studenti abbiano mai vissuto. Un programma che si è concentrato in particolare sul contrasto alla povertà educativa e sul supporto ai nuclei familiari più fragili dal punto di vista socio-economico e che ha raggiunto in sei mesi 58.843 bambine, bambini e adolescenti. Solo in questo arco di tempo, per supportare i minori che ancora avevano difficoltà con gli strumenti necessari alla DAD, sono stati distribuiti altri 1195 dispositivi tra tablet e connessioni internet. Sono 275 le scuole sostenute a vari livelli da interventi educativi e psicosociali mentre 3623 docenti hanno potuto usufruire di una formazione specifica per gestire questo particolare momento della didattica e della vita dei minori.

Casi Covid-19 a scuola, tra preoccupazione e colpevolizzazione

Approfondendo ulteriormente i dati della ricerca IPSOS, per quanto riguarda la presenza di casi di Coronavirus a scuola, più di 7 ragazzi su 10 riportano di casi positivi fra gli studenti e/o i docenti: in 4 casi su 10 si tratta di compagni di classe (41%), in 1 caso su 4 (26%) dei propri docenti. Nonostante la presenza di casi Covid a scuola fra studenti e/o docenti abbia generato preoccupazione nel 74% degli intervistati, i ragazzi positivi sono stati supportati dai compagni di classe nella stragrande maggioranza dei casi (82%); in qualche caso (14%), tuttavia, gli intervistati segnalano che i ragazzi contagiati si sono ripiegati su se stessi e in alcuni casi, anche se limitati (8%), purtroppo sono stati colpevolizzati dai compagni di classe.

Frequenza della DAD, assenze e preparazione scolastica

Secondo quanto affermano i ragazzi intervistati, sono previste in media circa 26 ore di DAD settimanali dagli istituti superiori. La totalità dei ragazzi intervistati sta frequentando le lezioni a distanza. Guardando alle assenze nell’ultimo mese, la stragrande maggioranza (86%) dei ragazzi ha fatto 1 o 2 assenze, ma 1 ragazzo su 14 (7%) ne ha collezionate 5 o più di 5. Problemi di connessione e copertura di rete (28%) e problemi di concentrazione durante le lezioni online (26%) i motivi principali che portano a non frequentare regolarmente le lezioni online. L’8% dichiara di aver fatto più assenze rispetto all’anno scorso, ma la percezione rispetto al trend dei propri compagni di classe è ben diversa: più di 7 ragazzi su 10 (72%) dicono di avere almeno un compagno che sta facendo più assenze rispetto allo scorso anno, un dato che sale in particolare tra i 16-18enni, con 75% contro 69% dei 14-15enni. Più di un ragazzo su 4 (28%) afferma che dal lockdown di primavera c’è almeno un proprio compagno di classe che ha smesso completamente di frequentare le lezioni, in particolare 1 su 3 al Centro Italia. Il 7% afferma che i compagni di scuola “dispersi” a partire dal lockdown sono tre o più di tre.

Più di 1 ragazzo su 3 (35%) ritiene che la propria preparazione scolastica sia peggiorata. Uno su 4 deve recuperare materie e, fra coloro che devono recuperare, il 23% ha 3 o più di tre materie insufficienti. Confrontando la propria performance di questo anno in termini di materie da recuperare, il 35% afferma di averne di più rispetto allo scorso anno, con ampie oscillazioni regionali: 44% al nord ovest e 26% al sud. Oscillazioni che si ripetono anche sulle diverse fasce d’età: ben 1 su 4 fra i ragazzi di 16-18 anni afferma di aver meno materie da recuperare a fronte di solo il 14% degli studenti di 14-15 anni.

Quasi 4 ragazzi su 10 ritengono che il periodo a casa da scuola stia avendo ripercussioni negative sulla propria capacità di studiare (37%) e (più di uno su 4) sul proprio rendimento scolastico (27%). Esiste, in ogni caso, un 16% di adolescenti che valuta invece positivamente le ripercussioni di questo periodo sulla propria capacità di studio (il dato sale al 18% tra i ragazzi tra i 16 e i 18 anni) e un 47% che non rileva un particolare impatto. Interrogati sui possibili interventi in ambito scolastico atti a recuperare sul piano educativo, si assiste ad una parcellizzazione delle preferenze dei ragazzi con la richiesta di una diversa modalità di fare didattica al primo posto (poco più di uno su quattro, 26%) insieme ad una maggior quota di ore di lezione in presenza, richiesta da poco meno di uno studente su quattro, il 24% degli intervistati (percentuale che sale al 30% fra i 14-15enni, per i quali rappresenta in assoluto la più citata vs 20% dei 16-18enni).

Didattica a distanza VS Didattica in presenza: cosa ne pensano i ragazzi

4 ragazzi su 10 (38%) bocciano l’esperienza con la DAD. In generale la principale difficoltà sperimentata nella fruizione della didattica a distanza è rappresentata dalla fatica a concentrarsi per seguire le lezioni online (citata da quasi un ragazzo su 2, 45%) e dai problemi tecnici dovuti alla connessione internet/copertura di rete propria o dei docenti (41 e 40% rispettivamente); seguono i problemi tecnici dovuti alla scarsa digitalizzazione dei docenti e la noia (33% ciascuno). Guardando alle dotazioni dei ragazzi, quasi 2 adolescenti su 10 (18%) dichiarano di aver a disposizione un dispositivo condiviso con altri e quasi uno su 10 (8%) si trova a frequentare le lezioni in una stanza con altre persone.

Più di 7 ragazzi su 10 (72%) ritengono che con la DAD sia più difficile imparare cose nuove e socializzare con i compagni. Quota di poco inferiore (68%) considera più difficile concentrarsi durante le lezioni e 1 su 2 (51%) ritiene infine che sia più difficile rispettare il programma scolastico. Non vi è accordo per quel che riguarda il confronto distanza/presenza sulla difficoltà di sostenere una interrogazione orale (il campione risulta più o meno equamente distribuito fra coloro che ritengono che con la DAD sia più facile/più difficile/uguale rispetto alla didattica in aula).

Quanto al modo di fare lezione, il giudizio dei ragazzi è particolarmente interessante. Oltre un terzo degli studenti, il 37%, afferma che la totalità dei propri insegnanti ha continuato a fare lezione allo stesso identico modo di prima, “come se fossimo in aula” invece che dietro ad uno schermo; il 44% sostiene che la maggior parte dei docenti si è comportata così, ma qualche insegnante ha introdotto delle novità; il 19% degli studenti afferma, invece, che la maggior parte dei suoi docenti ha sperimentato nuove modalità di insegnamento. Tra le novità introdotte, i ragazzi segnalano, nell’ordine, l’arricchimento delle lezioni con video e filmati (65%); l’utilizzo della modalità “asincrona”, lezioni digitali caricate dai docenti sulla piattaforma e poi liberamente fruibili dagli studenti (49%); l’impiego di esercizi interattivi, giochi didattici e test (40%); l’utilizzo di App (27%), e via così, fino ad arrivare ad uno sparuto 3% che ha visto i propri docenti cimentarsi anche nell’utilizzo di “giochi di ruolo”.

Ripercussioni della DAD sulla socialità: un anno sprecato

Anche la sfera della socialità risulta impattata negativamente dalla lontananza da scuola: per quasi 6 studenti su 10 (59%) la propria capacità di socializzare ha subito ripercussioni negative, così come il proprio umore/stato d’animo (57%) e una quota di non molto inferiore (52%), sostiene che le proprie amicizie siano state messe alla prova. Per il 18% anche le relazioni con i propri familiari sono peggiorate, anche se una percentuale quasi corrispondente (19%) registra invece un miglioramento delle relazioni familiari durante questo periodo di convivenza forzata (più tra il 16-18enni, 21% rispetto al 15% dei 14-16enni).

Quasi un ragazzo su 4 (24%) pensa che l’allontanamento da scuola stia avendo ripercussioni negative anche sulla propria salute.

Difficoltà anche sul fronte delle attività extrascolastiche, sospese per la maggior parte dei ragazzi che le praticavano: mediamente quasi 1 intervistato su 20 dichiara che non riprenderà più le attività che ha dovuto sospendere (sport individuale o di squadra, corsi di musica e canto, teatro, oratorio e altro).

Nonostante la stragrande maggioranza dei ragazzi sia stata portata a riflettere e riconoscere l’importanza dello stare insieme “fisicamente”, una quota non trascurabile (23%) afferma, invece, di aver capito in questo periodo che in realtà non è così importante uscire di casa perché grazie alle nuove tecnologie si può stare in contatto con le altre persone. L’assenza della fisicità (l’83% dei ragazzi riporta di aver visto i propri amici meno spesso di persona, percentuale che sale all’88% per i ragazzi di 14 e 15 anni) è stata sostituita infatti dalla digitalizzazione dei contatti (il 71% ha incrementato l’uso di Chat e messaggi ed il 50% di videocall).

Il rischio di aggravare il divario sociale con la DAD

La scuola è il luogo dove si apprende e dove si costruiscono relazioni significative con gli altri al di fuori della famiglia; è il luogo dove nascono le prime amicizie, che qualche volta accompagnano per tutta la vita; è il luogo dove si affrontano le prime sfide, le difficoltà, le vittorie su se stessi. Secondo l’ONU, la pandemia ha causato “la più grande interruzione dei sistemi educativi della storia, interessando quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 190 paesi in tutti i continenti”; secondo le stime, la chiusura delle scuole e degli altri spazi di apprendimento ha avuto un impatto sul 94% della popolazione studentesca mondiale. Anche i bambini, gli adolescenti e le famiglie si sono trovati a vivere un’epoca nuova: quella della didattica a distanza, delle lezioni filtrate dal monitor di un computer, dei compiti scaricati e inviati via email, dei gruppi studio whatsapp, della scuola dal tinello di casa. Non solo il precipitare improvviso nella didattica a distanza dovuto alla chiusura delle scuole, ma anche le misure adottate per garantire la sicurezza degli ambienti quando queste hanno riaperto, hanno cambiato il volto dell’istituzione scuola così come bambini e ragazzi la conoscevano. Un cambiamento così improvviso ha colto la comunità scolastica per molti versi impreparata.

Le perdite di apprendimento che derivano dalla chiusura delle scuole – afferma l’Organizzazione sulla base dei dati OCSE - getteranno ombre lunghe sul benessere economico degli individui e delle nazioni. Le persone che in futuro avranno meno competenze saranno meno in grado di partecipare alle attività economiche e sociali, più bisognose di ricevere trasferimenti sociali. A differenza dell’impatto economico diretto della pandemia, che sarà temporaneo, gli effetti della perdita degli apprendimenti rischiano invece di essere permanenti[6].

“Questo stato di incertezza grava pesantemente sui ragazzi e le ragazze, tagliati fuori da ogni forma di consultazione e di ascolto sulle scelte che li riguardano direttamente. Contrapporre Il diritto alla salute e quello all’educazione non può divenire un alibi per non investire tutte le risorse necessarie a garantire la riapertura delle scuole in piena sicurezza. Tenendo conto delle esigenze e delle peculiarità di ciascuna scuola, è necessario utilizzare lo strumento dei “Patti educativi di comunità”, per costruire un progetto educativo coerente con un lavoro di squadra tra istituzioni, scuole, università e istituti di ricerca, organizzazioni civiche e famiglie e, naturalmente, con la partecipazione attiva degli stessi bambini, bambine e ragazzi. Bisogna salvare l’anno scolastico in corso e programmare da subito anche un’estate ricca di opportunità educative, di socialità e di gioco gratuite per tutti i bambini e i ragazzi, a partire da quelli che stanno vivendo, con il black out scolastico, anche i drammatici effetti dell’impoverimento familiare. Per questo motivo, assieme alla rete di educAzioni, abbiamo chiesto al Governo un Piano straordinario per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che metta assieme, in modo organico, tutti gli interventi che vanno posti in essere per sostenere i minori nell’uscita dalla crisi, in campo educativo così come nel welfare, nella promozione della salute così come nella fruizione di spazi pubblici di socialità”, conclude Raffaela Milano.




Malore per Roberto Maroni, ricoverato in ospedale a Varese

 

Roberto Maroni, ex governatore della Lombardia e candidato sindaco per la Lega a Varese, è stato ricoverato in osservazione in ospedale a Varese a seguito di un malore.   A quanto emerso si trovava a casa sua a Lozza (Varese), quando si è accasciato a terra picchiando la testa e ferendosi lievemente. Sempre secondo quanto si apprende, Maroni è vigile ed è stato trattenuto in osservazione all’ospedale di Circolo di Varese per comprendere le cause del malore.   Nella seduta del consiglio comunale di Varese del 28 dicembre scorso, in cui si discuteva l’ultimo bilancio di previsione, Maroni ha lanciato una sorta di manifesto della sua campagna a sindaco per il 2021. All’ex ministro dell’Interno sono arrivati numerosi attestati di stima, tra questi quello del leder della Lega, Matteo Salvini





Fca, volano le vendite per Lancia (+20,5%) e Fiat (+1%)

 

Risultati positivi per i marchi Lancia, Fiat e Jeep sul mercato italiano a dicembre. Il gruppo Fca ha immatricolato 31.370 auto, l’1,1% in più rispetto a dicembre del 2019, con una dinamica in crescita per quattro mesi consecutivi e andando in controtendenza rispetto al mercato a dicembre (-14,95%). La quota di mercato ha raggiunto il 26,3% ed è in espansione di 4,2 punti percentuali nel confronto con un anno prima.

Il brand Lancia ha immatricolato oltre 4.700 macchine, il 20,5% in più rispetto a dicembre 2019 per una quota di mercato del 4% (+1,2 punti percentuali). Per Fiat le immatricolazioni sono state 19.500, con un +1% e una quota del 16,3%, pari a +2,6 punti. Quasi 5.500 le auto vendute per Jeep, con una quota al 4,6% in crescita di 0,5 punti. Alfa Romeo ha immatricolato quasi 1.700 macchine per una quota dell’1,4%.

Tra le top ten del mese, oltre a Panda che ancora una volta è l’auto più venduta in assoluto, sono presenti altri cinque modelli Fca: Lancia Ypsilon, le Fiat 500 e 500X e le Jeep Compass e Renegade. Ottimo risultato per la Nuova 500 elettrica, che a poche settimane dal lancio è la macchina full electric più venduta in Italia e sale sul podio del segmento A con una quota del 7,1%: davanti ci sono solo la Panda (41,3% di quota) e 500 (15,8%). Molto positivi anche i risultati ottenuti dalla Compass (prima nel suo segmento con una quota del 15,8%) e dall’Alfa Romeo Stelvio (quota del 17%).





Il Viceministro Misiani (Pd): “Se la Regione Lombardia non è in grado, subentri lo Stato”

“Se la Regione a guida leghista, che aveva già combinato disastri con la vaccinazione anti influenzale, non è in grado di attuare quella contro il Coronavirus, è giusto che subentri lo Stato esercitando i poteri sostitutivi. Perché la salute dei lombardi è troppo importante per continuare a lasciarla in mano a chi ha fallito”. Lo scrive su Facebook Antonio Misiani, viceministro dell’Economia. Misiani ricorda che la Lombardia come quota di vaccini somministrati in rapporto alle dosi consegnate è quartultima. Dopo Molise, Calabria e Sardegna. “Il presidente Fontana – sottolinea – può fare tutti i rimpasti di Giunta possibili e immaginabili. L’assessore Gallera è perfetto, come capro espiatorio. Avrebbe dovuto dimettersi da mesi. Lo farà adesso, su richiesta del presidente Fontana e con il via libera decisivo del suo dante causa: Matteo Salvini. Ma il problema è nel manico: una gestione della sanitß lombarda catastrofica, una classe politica che in Regione comanda ininterrottamente da più di vent’anni e che si è dimostrata per l’ennesima volta incapace di ammettere i propri errori e men che meno di porvi rimedio. Il programma di somministrazione dei vaccini è vitale per uscire dall’emergenza COVID-19. A maggior ragione lo è in Lombardia, che detiene il tragico primato per numero di decessi”.





Giannelli (Presidi italiani): “Difficile capire il tira e molla continuo tra Governo e Regioni”

 

"Fatico a capire le motivazioni di questo tira e molla continuo tra Regioni e Governo. Come le loro visioni possano essere così distanti se si basano sugli stessi dati. Riprendere la frequenza il 7 o l’11 gennaio non cambia la situazione di contagi, scuole e trasporti". Lo dice il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli.





Via libera al Decreto con le misure di contrasto a Covid-19. Riapertura delle scuole l’11 gennaio, nei fine settimana Italia in Zona Arancione e Zona Gialla rafforzata gli altri giorni

 

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto legge con le nuove misure anti-Covid che saranno in vigore dal 7 al 15 gennaio. Il weekend del 9-10 sarà in zona "arancione" per tutta l’Italia, mentre negli altri giorni sarà in vigore una fascia "gialla rafforzata" con lo stop agli spostamenti tra le Regioni. Scontro sulla riapertura delle scuole: la mediazione finale cade sull’11 gennaio. Nel corso del Consiglio è andata in scena l’ennesima battaglia politica tra gli alleati di coalizione con il Pd che chiedeva per la data di riapertura delle scuole il 18 di gennaio, per poi retrocedere al 15 ed infine accettare la data dell’11. Sul punto M5S e Italia Viva non hanno fatto sconti, non retrocedendo di un millimetro sull’ipotesi iniziale, anzi mettendo sul banco degli imputati la ministra delle infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, colpevole, a loro giudizio, di aver fatto poco o nulla per assicurare sufficienti garanzie e risorse per la mobilità scolastica.

Alla fine della riunione sono scaturite queste decisioni:

Il testo conferma sino al 15 gennaio, nei territori inseriti nella cosiddetta “zona rossa”, la possibilità, già prevista dal decreto-legge 18 dicembre 2020, n. 172, di spostarsi, una sola volta al giorno, in un massimo di due persone, verso una sola abitazione privata della propria regione. Alla persona o alle due persone che si spostano potranno accompagnarsi i figli minori di 14 anni (o altri minori di 14 anni sui quali le stesse persone esercitino la potestà genitoriale) e le persone disabili o non autosufficienti che con queste persone convivono.  Resta ferma, per tutto il periodo compreso tra il 7 e il 15 gennaio 2021, l’applicazione delle altre misure previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020 e dalle successive ordinanze. Inoltre, il testo rivede i criteri per l’individuazione degli scenari di rischio sulla base dei quali saranno applicate le misure previste per le zone “arancioni” e “rosse”.
Il testo interviene inoltre sull’organizzazione dell’attività didattica nelle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado, con la previsione della ripresa dell’attività in presenza, per il 50 per cento degli studenti, a partire dal prossimo 11 gennaio.

Infine,  per l’attuazione del piano di somministrazione del vaccino contro il contagio da COVID-19, (articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178), sono previste specifiche procedure per l’espressione del consenso alla somministrazione del trattamento, per gli ospiti di residenze sanitarie assistite (o altre strutture analoghe), che siano privi di tutore, curatore o amministratore di sostegno e che non siano in condizione di poter esprimere un consenso libero e consapevole alla somministrazione del vaccino.





Una sola dose, è sicuro e non ha dato effetti indesiderati. Ecco Reithera Cov-2, il nuovo vaccino italiano

 

Come funziona il vaccino anti Covid italiano, quante dosi servono e cosa cambia rispetto ai vaccini Pfizer e Moderna? A spiegarlo nel corso della presentazione dei risultati della Fase 1 della sperimentazione del ReiThera Grad-Cov2 allo Spallanzani di Roma è Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Inmi.  "Abbiamo iniziato la sperimentazione del vaccino il 24 agosto e a 21 giorni non è stato osservato nessun evento avverso. Ci sono stati effetti indesiderati nel sito di iniezione - ha detto -, ma assolutamente rientrati senza la necessità di intervento medico e minori rispetto ai vaccini di Pfizer e Moderna. Il vaccino produce anticorpi neutralizzanti" rilevabili nel 92% delle persone vaccinate e "usato in emergenza basta una sola dose". "Puntiamo a sviluppare 100 mln dosi di vaccino per anno. Il vaccino è stabile ad una temperatura tra 2 e 8 gradi", ha detto la presidente dell’azienda Reithera sviluppatrice del vaccino italiano, Antonella Folgore.

"Abbiamo arruolato 100 persone e 45 sono state vaccinate con dosi diverse e tutti sono arrivati alla fine per la valutazione di sicurezza: il vaccino non ha avuto alcun avvento avverso grave nei primi 28 giorni dalla vaccinazioni, un risultato migliore rispetto a Moderna e Pfizer che hanno avuto effetti indesiderati. Il picco di produzione di anticorpi a 4 settimane resta costante ed il vaccino è ad una sola dose". Lo ha detto il direttore scientifico dello Spallanzani Giuseppe Ippolito alla presentazione dei risultati della Fase 1 della sperimentazione del Vaccino GRAd-CoV2 di ReiThera. In questa fase 1 il vaccino Reithera "ha dimostrato di essere sicuro, di avere capacità di indurre risposta immunitaria degli adulti e la risposta è simile a quella di altri vaccini con due dosi. Il 92,5% dei vaccinati ha avuto livello di anticorpi rilevabili e con una singola dose abbiamo risultati in linea con Moderna e Pfizer", ha aggiunto Ippolito alla presentazione dei dati fase 1 del vaccino italiano ReiThera. I livelli di anticorpi, ha detto Ippolito, "sono coerenti con uno schema di somministrazione singola e verosimilmente potranno aumentare con altre dosi. ora ci aspetta la fasde 2 per la quale è necessario l’impegno dello Stato".

"Il 92,5% dei vaccinati ha sviluppato anticorpi rilevabili. Comparando i dati di questo studio con Moderna e Pfizer siamo in linea e ci aspettiamo la capacita del vaccino di prevenire la malattia sostanzialmente come gli altri vaccini. Il protocollo lo sottometteremo alle agenzie regolatorie in tempi brevi e ipotesi è di chiudere fase 3 entro l’estate", ha spiegato il direttore scientifico dello Spallanzani Ippolito.

"Confrontando i dati del vaccino italiano ReiThera con i dati dei vaccini anti-Covid di Moderna e Pfizer - ha spiegato ancora Giuseppe Ippolito -, vediamo che con una singola dose abbiamo risultati assolutamente in linea. Ma quale sarà il dosaggio finale lo decideremno alla fine di tutte le fasi di sperimentazione".





Maltempo, allerta neve della Protezione Civile per nove regioni

 

Il maltempo non concede alcuna tregua a gran parte dell’Italia. La Protezione civile ha infatti confermato il livello giallo di allerta anche per domani in Toscana, Lazio, Umbria, Campania, parte dell’Emilia-Romagna, Abruzzo, Molise e Basilicata, estendendolo anche alla Calabria.  Una vasta area depressionaria a matrice fredda continua ad influenzare le condizioni meteorologiche sull’Italia determinando ancora maltempo, con precipitazioni a carattere nevoso su parte del Nord e sulle zone appenniniche centro-settentrionali, spiega un comunicato della Protezione civile. Si prevede che continuino le nevicate su Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Toscana, a quote mediamente superiori i 200-500 metri. Sopra i 600-800 metri è attesa invece la neve in Lazio, Abruzzo, Molise e Umbria. 





Altri 15.378 nuovi positivi e 649 decessi, ma il tasso di positività scende (11,4%)

 

In Italia ci sono 15.378 nuovi casi di coronavirus a fronte di  135.106 tamponi effettuati (mentre il giorno prima l’incremento era stato di 10.800 su 77.993 tamponi). Nelle ultime 24 ore sono stati registrati altri 649 decessi (contro i 348 di lunedì) per un totale, da inizio emergenza, che sale a 76.329. In terapia intensiva sono ricoverati 2.569 pazienti (-10). Il tasso di positività è dell’11,38%, in calo del 2,4% rispetto al 13,8% di lunedì. Ecco la sintesi paziale di quello che è accaduto nelle regioni:

LOMBARDIA - Sono 1.338 i nuovi contagi da Coronavirus in Lombardia secondo il bollettino reso noto oggi. Da ieri sono stati registrati altri 62 morti.

PIEMONTE - Sono 1.109 i nuovi contagi da Coronavirus in Piemonte secondo il bollettino reso noto oggi. Da ieri sono stati registrati altri 55 morti.

PUGLIA - Sono 1.081 i nuovi casi di coronavirus in Puglia secondo il bollettino di oggi. Registrati inoltre altri 14 morti.

VENETO - Sono 3.151 i nuovi casi di coronavirus in Veneto secondo il bollettino di oggi. Segnalati inoltre altri 175 morti.

FRIULI - Sono 1.131 i nuovi casi di coronavirus in Friuli Venezia Giulia secondo il bollettino di oggi. Registrati inoltre altri 20 morti, cui si aggiungono 21 morti pregresse riguardanti il periodo tra il 16 novembre e il 22 dicembre 2020.

VALLE D’AOSTA - Sono 21 i nuovi casi di coronavirus in Valle d’Aosta secondo il bollettino di oggi, che non ha registrati morti.

SARDEGNA - Sono 232 i nuovi contagi da Coronavirus in Sardegna secondo il bollettino reso noto oggi. Da ieri sono stati registrati altri 9 morti. Gli ultimi decessi riguardano persone di un’età compresa tra i 55 e i 90 anni.

EMILIA ROMAGNA - Sono 1.506 i nuovi contagi da Coronavirus in Emilia Romagna secondo il bollettino reso noto oggi. Da ieri sono stati registrati altri 64 morti. I tamponi effettuati nelle ultime 24 ore sono stati 15.795.

ABRUZZO - Sono 213 i nuovi casi di coronavirus in Abruzzo secondo il bollettino di oggi. Registrati inoltre altri 12 morti.

TOSCANA - Sono 337 i nuovi casi di coronavirus in Toscana secondo il bollettino di oggi. Segnalati inoltre altri 18 morti.

LAZIO - Sono 1.719 i nuovi casi di coronavirus nel Lazio, secondo il bollettino di oggi. Si registrano altri 72 decessi.